Da paladina di Legambiente nel comune più a sud d’Italia, a pasionaria sindaca dell’isola crocevia delle migrazioni nel Mediterraneo Centrale, insignita di recente con il premio Unesco per la Pace, invitata a cena alla Casa Bianca con Obama, candidata al premio Nobel, Giusi Nicolini perde la poltrona di primo cittadino abbandonata da oltre 600 lampedusani che alle ultime amministrative le preferiscono il neo sindaco Salvatore Martello, come lei di area centro sinistra ma non renziano mentre lei da ottobre è nella squadra della segreteria nazionale.
Durante il suo mandato, Giusi Nicolini riesce a dotare di due dissalatori Lampedusa e Linosa, raddoppia i collegamenti marittimi, e potenzia quelli aerei, e prevede diverse altre opere che avrebbe realizzato se fosse stata rieletta. Diventa però il sindaco più famoso del Sud Italia portando avanti la bandiera dell’isola dell’accoglienza e della solidarietà verso le migliaia di migranti che sbarcano sui suoi moli. E oggi c’è chi imputa a questo lavoro di sensibilizzazione sul tema dei flussi migratori la ragione della sua dèbacle.
Lo stesso vincitore di queste elezioni, Salvatore Martello, avrebbe basato la sua campagna promettendo agli isolani una svolta nell’ accoglienza: perché lui – storico proprietario di alberghi – tutti quei migranti in giro per le strade e per le spiagge di Lampedusa tra i turisti spesso insofferenti, non li vorrebbe più vedere. Braccia aperte sì ma solo in caso di vera necessità e con regole precise sui tempi di permanenza nell’ hotspot nel quale gli ospiti appena arrivati, identificati e registrati, devono restare come previsto non più di 72 ore, possibilmente senza mai uscire.
Eppure la paladina della battaglia contro l’immigrazione sull’isola, la leghista Angela Maraventano, in questa battage a quattro è arrivata ultima con appena 231 voti.
Senza contare che saranno proprio le vicende legate all’immigrazione a portare sull’isola Papa Francesco, il presidente della Repubblcia Sergio Mattarella, le altre più alte cariche dello Stato e rappresentanti dell’Unione Europea.
Negli anni in cui Giusi Nicolini è sindaco, Lampedusa gode di una notorietà inimmaginabile: l’isola rinasce, il turismo sboccia e lei gira il mondo a raccontare quello che Lampedusa è stata capace di fare nel picco dell’emergenza e le strategie che hanno reso possibile riportare ordine e integrazione.
Insomma sembra proprio che i motivi della sconfitta della Nicolini vadano cercati altrove. Chi ha avuto modo di parlare con il sindaco uscente, la candidatura di Totò Martello aveva non poco inquietato l’ex sindachessa, non certo per la diversa visione sull’accoglienza, quanto per quella doppia lista di centrosinistra a fronteggiare il quotato e pentastellato Filippo Mannino.
Martello e Nicolini sono due facce di una stessa medaglia, entrambi provenienti dalla stessa area politica, quella del vecchio Pci, entrambi usciti fuori dall’isola a studiare all’università di Palermo: un sogno per la maggior parte dei giovani isolani che non hanno avuto le stesse possibilità. Tra i due, un tempo amici, da anni non correva più buon sangue: da quando Martello, l’aveva accusata di lasciarsi troppo adescare dai riflettori e dalla fama, rendendosi così sovraesposta. Accuse, quelle di essersi presa troppi meriti, riportate da molti altri concittadini.
Con l’ ombra di un altro nemico ritrovato: quella di Pietro Bartolo, il medico protagonista del film di Gianfranco Rosi, “Fuocoammare” premiato con l’Orso d’Oro a Berlino. Altro personaggio di primo piano ma che con la Nicolini entra in rotta di collisione dopo l’improvvisa e inarrestabile fama di entrambi. Invidie e dissapori tipici di una piccola enclave siciliana: dove troppo successo e troppi premi invece di dar prestigio all’intera comunità, non sono graditi . Soprattutto se la fama tocca una donna che così valica i confini di questa piccola comunità.
C’è però un detto in Sicilia che dice: “chi esce riesce” . E c’è già chi scommette su una fuga in Continente della pasionaria Giusi per la quale forse potrebbe davvero aprirsi la porta d’ingresso per l’Europa.