«Il calcio e’ un gioco semplice, 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti e alla fine vince la germania” .lo disse gary lineker, un calciatore britannico, nel 1990. Mai come quest’anno – in europa – la politica assomiglia al calcio. Ancora poco piu’ di tre mesi per capire se la grande sfida contro gli euroscettici terminera’ come quei mondiali che si giocarono in italia (vinse la germania. Appena riunificata – dal punto di vista sportivo ma non ancora politico – per 1 a 0 contro l’argentina). Non era affatto scontato.
Soltanto tre settimane fa taormina ha ospitato il g7, che ha sancito una profonda divisione fra gli stati uniti e la ue. Al termine dei lavori angela merkel ha affermato che “l’europa deve riprendersi in mano il proprio destino”. A bruxelles qualcuno ha commentato che – di questo passo – donald trump dovra’ essere annoverato fra i padri nobili dell’europa. Per il suo considerevole impulso all’integrazione fra i 28 (considerano che la gran bretagna e’ ancora – a tutti gli effetti – un membro del club). Un anno prima – pero’ – in giappone il clima era completamente diverso. Al momento della classica foto “di famiglia” – cui vengono invitati anche il presidente della commissione e quello del consiglio europeo – il capo di gabinetto di juncker, il tedesco martin selmayr, scrisse il celebre tweet “immaginate il g7 del 2017 con trump, le pen, boris johnson, beppe grillo? Uno scenario dell’orrore che spiega bene perche’ bisogna combattere il populismo”. Era il 25 maggio 2016. Un mese dopo la maggioranza dei britannici voto’ la brexit.
Quando a novembre trump conquisto’ effettivamente la casa bianca quella di selmayr comincio’ a delinearsi come una fosca profezia per l’europa (e non solo). All’inizio del 2017 molti si aspettavano che il vento della tempesta – dopo aver fatto il giro fra il regno unito e l’america – tornasse a soffiare da questa parte dell’oceano. E proprio in un paese di navigatori, l’olanda, chiamata alle urne a meta’ marzo. Il primo ministro in carica, il liberale rutte, non esito’ a spiegare che nel suo paese – dove il calcio e’ molto importante – si giocavano i quarti di finale della sfida contro il populismo. La semifinale prevista in francia, ai primi di maggio, e la finale in germania – appunto – il 24 settembre 2017.
Non era il solo a pensarla cosi’: quando la mattina del 15 marzo la troupe della rai si apposto’ davanti al seggio – ospitato in una scuola – dove doveva votare il leader populista wilders si ritrovo’ in compagnia di colleghi arrivati da mezzo mondo: cinesi, russi, americani….anche se – parlando con i genitori che accompagnavano i figli – l’impressione era che gli abitanti dei paesi bassi fossero decisamente piu’ moderati (e pragmatici) di come li descrivevano i sondaggi. Qualche ora dopo i risultati ufficiali lo confermarono: l’estrema destra guadagnava qualche seggio, ma non vinceva, crollava la sinistra tradizionale, avanzavano i partiti (come ad esempio i verdi) che si erano dati da fare per mobilitare i giovani e le fasce “dimenticate” della popolazione. Quelle “periferie” – che esistono, con caratteristiche diverse, in tutto il mondo – di cui papa francesco parla incessantemente da diversi anni .per la cronaca: l’olanda – dove si vota con il proporzonale puro – non ha ancora un nuova coalizione di governo. Ma i giornalisti stranieri non avevano tempo per seguire le trattative di rutte con i suoi potenziali alleati (che proseguono tuttora), dovevano spostarsi tutti in francia. Per seguire le elezioni piu’ ricche di sorprese degli ultimi sessant’anni.
Il risultato della “semifinale” e’ sostanzialmente noto, anche se – ufficialmente – manca ancora il secondo turno delle elezioni per il parlamento. Dal primo di quelle presidenziale continua … A fare gol emmanuel macron, un fuoriclasse cresciuto sui migliori campi della “republique” ma che poi – anziche’ indossare una tradizionale maglia di destra o di sinistra – ha deciso di fare una squadra in proprio. Qui si vota con il maggioritario ed i francesi hanno scelto chiaramente di mettersi “in marcia” insieme a lui. E’ ancora presto per dire se il consenso restera’ tale fino alla conclusione del percorso. Ed in quale direzione’ poi ? Anche qui c’e un tweet ad indicarlo. “un voto forte per le riforme” scrive la cancelliera.
E siamo arrivati infine alla germania, il paese piu’ grande e ricco dell’europa. Nonche’ il piu’ stabile: da dodici anni e’ governato ininterrottamente da angela merkel (che nello stesso periodo, tanto per capire, ha incontrato sei diversi presidenti del consiglio italiani). La signora ha deciso di riprovarci per altri quattro, la sfida un socialista che – se possibile – dell’europa e’ ancora piu’ innamorato di lei, il socialista schultz. Le recenti elezioni britanniche confermano tuttavia che – in politica – niente e’ scontato. Soprattutto di questi tempi, quando il terrorismo di matrice islamica tenta – puntualmente – di recarsi alle urne. Ha iniziato in spagna, fin nel 2005. Ci ha riprovato – recentemente – a parigi e londra. A berlino ha gia’ colpito alla vigilia di natale. C’e’ da temere che ci riprovera’, toccando ferro …nel frattempo pero’ l’europa e’ ritornata ad una stabilita’ politica ed economica come non si vedeva dal 2008. Vale a dire prima della grande crisi che ha alimentato i partiti populisti ed i dubbi sulla costruzione europea. La quale – a questo punto – ha le condizioni per ripartire su basi nuove, senza la gran bretagna (magari prima o poi davvero guidata da boris johnson) che unilateralmente ha deciso di scendere dal bus dell’europa. Con la germania che aspira a guidare dal centro (non da dietro, come pretendeva ad un certo punto l’america di obama) ma … Mai da sola al volante. Da anni spera che – nella fila davanti – venga a sedersi la francia, magari con una cartina in mano per decidere la meta comune. L’unica incertezza – a questo punto – e’ la collocazione dell’italia: sempre di corsa, quando e’ il momento di partire. Sempre incerta su cosa mettere in valigia. Quelli gia’ a bordo continuano a bofonchiare ma sanno che – senza una passeggera tanto bella quanto disordinata – il viaggio avrebbe un altro sapore. Come un torneo di calcio senza la squadra azzurra.
P.S. nelle tante campagne elettorali avvenute durante il 2017 in europa non potevano mancare – da nessuna parte – i dibattiti televisivi. Anche i candidati piu’ insofferenti al confronto (cosi’ come trump, negli stati uniti, un anno fa) – ad un certo – punto, hanno dovuto accettare di entrare in un studio tv davanti al loro principale avversario. A prescindere dal sistema elettorale gli olandesi hanno potuto vedere rutte discutere con wilders ed i francesi macron con le pen. In alcuni casi le domande le facevano i giornalisti, in altri addirittura i cittadini. La signora may – ad esempio – si e’ trovata a rispondere ad un’infermiera che le contestava i tagli alla sanita’. Le elezioni si avvicinano anche in italia ed il confronto e’ – da sempre – una delle caratteristiche del servizio pubblico. C’e’ da augurarsi che la rai, in particolare, non si ritrovi vittima di regolamenti che – in nome della par condicio ed altri rispettabili principi – finiscano per impedire al pubblico di valutare effettivamente le differenze fra i partiti ed i loro leader. Anche sulla maniera di condurre i dibattiti si valutera’ la nostra capacita’ (o meno) di rispettare i parametri europei.