Ci sono due immagini che resteranno negli annali della cronaca dopo la cattura dell’ex latitante Giuseppe Giorgi ieri mattina a San Luca. Immagini che stridono e che danno perfettamente l’idea delle contraddizioni che vive questa terra. Una terra che “merita di più” dice il colonnello dei Carabinieri Giancarlo Scafuri. La prima è quell’odioso baciamani fatto al boss da un uomo che insieme ad altri giovani l’aspettava davanti all’abitazione nella quale si nascondeva. Un segno emblematico della sudditanza alla ‘ndrangheta e della consegna di interi territori ad un’entità criminale che da anni semina paura. Un gesto che fa rabbrividire se si pensa che a Giorgi viene contestata l’ipotesi di aver svolto un ruolo nefasto nei decenni scorsi e accusato anche da qualche collaboratore di giustizia di aver smaltito rifiuti tossici nel mare della Locride o del Mediterraneo.
Un uomo accusato di aver gestito imponenti traffici di droga o di essere stato uno dei protagonisti di sanguinose faide. Eppure nonostante tutto questo qualcuno non si è fatto intimidire dalla presenza di telecamere ed è arrivato persino a baciarli clamorosamente la mano, come segno di sottomissione. Altri hanno persino pianto vedendolo in manette dopo tanti anni di latitanza. Sono questi gesti solo simboli arcaici di appartenenza alla ‘ndrangheta, alla sua potenza e alla paura che incute? No! Dietro quel baciamani c’è molto di più preoccupante , ci sono regole di accettazione di un’idea criminale, di accettazione di logiche che hanno ucciso la Calabria, confinandola a diventare luogo di guerra e di possenti contraddizioni tra chi spera e tra chi spara.
Dietro quel gesto c’è una mentalità di sudditanza mafiosa che occorre condannare con tutta la forza che si ha in corpo. Si possono baciare le mani ad uno che forse ha avvelenato il mare e anche la terra seminando morte e distruzione ad intere generazioni. Ma è un gesto emblematico che fa capire come la ‘ndrangheta sia un qualcosa di più di una semplice organizzazione criminale, una dimensione totalizzante che si pone come interlocutore centrale della vita degli adepti, fino al punto di accettare l’idea che oltre essa non esiste nulla per cui vale la pena vivere. Essa è la regola che può uccidere, seminare odi, sangue, violenza, spezzare i sogni di pacifica convivenza di intere comunità, di controllare il respiro dei molti e annientare ogni speranza di futuro. Mentalità che continua a condizionare l’humus di intere generazioni. Un sistema di governo alternativo in uno Stato di Diritto che non può non far preoccupare la moltitudine degli onesti e farli reagire. L’altra immagine che compensa il turbinio emotivo ed inaccettabile della prima è quella della festa dei Carabinieri dopo la cattura di Giorgi. Pianti e gioie come se avessero, gli uomini dello Stato, vinto qualcosa di speciale pur sapendo che in fondo hanno fatto solo il loro dovere. Hanno gioito come se insieme avessero segnato un gol vincendo una partita importante. La cattura di Giorgi dopo 23 anni di latitanza è un’altra vittoria dello Stato e per questo quelle urla di giubilo e quegli abbracci nel cortile del Comando provinciale dell’Arma sono legittime, danno speranza, appagano il sogno dei cittadini per bene di questa terra e soprattutto offuscano e rendono vani i tanti baciamani sui padrini che in fondo non riusciranno mai ad essere padroni. Pensate come sarebbe la Calabria senza la ‘ndrangheta. Pensateci per un attimo a questa terra al centro dei miti, fatta di mare e di montagna nel cuore del Mediterraneo cosa poteva essere e non è. Immaginate quanta sofferenza, quanti lutti, pianti hanno seminato in tanti anni i boss che finiscono prima o poi tutti a marcire in carcere. Ecco perché l’immagine che piace di più della giornata di ieri è quella dei Carabinieri o dei Poliziotti che dopo un’importante cattura fanno cortei, applaudono, gioiscono. Scene che commuovono e che fanno sperare che anche la Calabria potrà avere una sorte migliore. Un luogo dove il sole possa continuare a sorgere e non le tenebre.
Fonte: Quotidiano del Sud