Mdp. Fondamenta, Pisapia lancia la Costituente di centrosinistra dopo le amministrative

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Camusso: “ripartire dal lavoro”. Speranza: superare il renzismo costruendo un’alternativa

Si è conclusa al Megawatt Court di Milano, “Fondamenta”, la tre giorni di discussione politica e programmatica promossa da Articolo1-MDP. Molti gli interventi e molti i temi sul tappeto e nell’agenda politica sollevati da questo appuntamento, al quale hanno preso parte domenica, tra gli altri, Susanna Camusso, Pietro Laforgia, Cecilia Guerra, Arturo Scotto, Giuliano Pisapia. Le conclusioni sono state affidate a Roberto Speranza.

Susanna Camusso: “lavoratrici e lavoratori hanno un livello di diffidenza verso la politica come mai prima”

Quasi tutto centrato sul rapporto tra politica e lavoro, l’intervento del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. “Oggi il lavoro ha perso il valore sociale che aveva, ma credo che tutti abbiamo negli occhi la manifestazione di ieri come una straordinaria risposta positiva alla guerra tra poveri”, ha esordito Susanna Camusso, secondo la quale “lavoratori e lavoratrici hanno un livello di diffidenza verso la politica come mai prima nella storia della Repubblica. A questo c’è una sola risposta: tornare a occuparsi concretamente della condizione materiale delle persone e delle prospettive che vengono date loro”. Poi, l’affondo sul rischio che i voucher rientrino dalla finestra della manovra finanziaria, che da lunedì sarà votata alla Camera. Per Camusso, “il Parlamento con poca trasparenza sta rifacendo una discussione sui voucher che sono stati appena abrogati. C’è un problema di miopia e di carenza di democrazia. Se il Parlamento toglie ai cittadini la possibilità di esprimersi in un referendum perché decide che provvede il Parlamento, non può tornare dopo venti giorni al punto di partenza”. Camusso si è detta “preoccupata” del fatto che si parli “di lavoro interstiziale”. Occorre rimettere “in piedi politiche un po’ più radicali sul tema della riduzione degli orari di lavoro”. Siamo in una “stagione” in cui per “i lavoratori italiani l’orario continua ad aumentare” così come l’invasività “sul singolo orario del lavoratore. Parlare di riduzione dell’orario diventa fondamentale, ma ci vuole un progetto e non subire il fatto che il costo sia l’unica misura possibile”. Infine, l’ultima riflessione sulla concertazione, che “non c’è più perchè è difficile concertare se non c’è una visione delle politiche da realizzare. Questo nasce dall’idea di una politica che si sente autosufficiente, che non ha bisogno di confrontarsi con le rappresentanze e la conseguenza è che non è mai stata cosi’ grande la distanza dei lavoratori dalla politica”.

D’Attorre: “Costruire da sinistra quel centrosinistra del cambiamento di cui c’è bisogno”

Le questioni centrali del lavoro, dei diritti e della democrazia, dell’Europa da ricostruire a partire dalla rilettura del Manifesto di Ventotene, di un “nuovo umanesimo”, per ridare spazio e identità alla sinistra, sono stati poi al centro del dibattito della domenica, negli interventi di Laforgia, Pisapia e Speranza. Già Alfredo D’Attorre, in realtà, aveva posto come rilevanti questi elementi, non solo programmatici. “Se saremo all’altezza di queste premesse”, di natura politica e programmatica, aveva infatti ribadito D’Attorre, “sono convinto che noi potremo chiedere un voto utile agli italiani. Contro il ritorno della destra, contro l’avventura solitaria del M5S, ma anche contro l’egemonia nel campo del centrosinistra del renzismo e dei suoi fallimenti. Un voto utile per costruire da sinistra quel centrosinistra del cambiamento di cui c’è bisogno come l’aria. Cambiamento di visione, di programmi, di metodo e anche di gruppi dirigenti. Diciamolo senza equivoci: centrosinistra del cambiamento significa che Matteo Renzi e il suo giglio magico non rimetteranno più le tende a Palazzo Chigi”. Inoltre, ha voluto spiegare D’Attorre, “centrosinistra del cambiamento per noi significa che non ci avranno mai nel fronte unico dell’establishment e della conservazione contro i barbari alle porte. Centrosinistra del cambiamento per noi significa coerenza, capacità di prendersi dei rischi, di andare controvento. Significa restituire una casa politica  a un popolo oggi privo di rappresentanza, significa rialzare le nostre bandiere, quelle del lavoro, della giustizia sociale, dell’uguaglianza, della dignità della persona. E di farlo nel segno di quella Costituzione repubblicana che pensiamo continui a essere la bussola fondamentale per il cambiamento in senso progressivo dell’Italia”.

Pisapia: “Costituente dei progressisti a giugno”

In questa cornice, perciò, si situa la proposta di un appuntamento nazionale, subito dopo le amministrative, “programmatico e fondativo” di un nuovo centrosinistra “ampio, plurale, solido, che sappia unire forze, anime e culture diverse” con un programma condiviso e un leader comune. La proposta di Giuliano Pisapia per una costituente dei progressisti, attesissima nella giornata conclusiva di ‘Fondamenta’, alla fine è arrivata. Sospirata, sofferta, e pronunciata dopo una pausa per bere un bicchiere d’acqua, perché le parole sembravano non voler uscire. Ma è arrivata. “Diamo una casa ai tanti senza casa”, ha detto Pisapia dal palco del MegaWatt court suscitando un boato e una standing ovation, “una sola casa per tutti”. Poco dopo, parlando a margine con i giornalisti che gli chiedevano se la proposta sia rivolta anche al Pd di Matteo Renzi, l’ex sindaco di Milano ha risposto che “sarà lui a deciderlo” perché “la casa è aperta, unitaria e progressista e di centrosinistra. E all’interno del centrosinistra ci devono essere il centro e la sinistra. Chiunque vuole partecipare è solo gradito e sarà per noi prezioso”. E tuttavia, nel suo intervento di fronte alla platea, Pisapia ha auspicato “discontinuità rispetto al passato”, di metodo e di merito e detto “basta all’io, avanti con il noi”. Il leader di Campo Progressista ha chiesto di “superare lacerazioni e asti personali” e “fare di tutto per trovare una sintesi e una condivisione su programmi e obiettivi”. Anche ricordando “le cose buone” fatte dagli ultimi governi a trazione Pd, come “le unioni civili, la legge contro il caporalato, l’accoglienza ai migranti”. Un tentativo di avviare un cambio di passo, per “diluirsi in un movimento più ampio, che rappresenti l’intero popolo del centrosinistra” senza escludere a priori il Partito democratico “che ancora sento vicino. Non solo per vincere le elezioni, ma per ritrovare il modo di marciare insieme” come nel corteo del 20 maggio in favore dei migranti, “una bella manifestazione dove ho sentito chiedere soprattutto unità”. Il rapporto col Partito democratico resta naturalmente sullo sfondo del discorso di Pisapia, e in qualche modo ne evidenzia una sorta di ambiguità. L’ex sindaco di Milano, che pure aveva votato Sì nel referendum costituzionale lo scorso 4 dicembre e aveva considerato la proposta elettorale del Pd, il Rosatellum, come un mezzo passo avanti, si rivolge comunque al Pd, ma ad un Pd depurato dalla malattia del renzismo.

Le reazioni. Scotto, “battezzeremo insieme a Pisapia un progetto alternativo”. Laforgia: “notevoli passi avanti”. Cautela da Speranza: “serve un’alternativa”

Com’è stata accolta la proposta di Pisapia? La strada sembra tracciata per Arturo Scotto che dà appuntamento a Roma a giugno “per battezzare insieme a Giuliano Pisapia un progetto alternativo alle destre e ai Cinque stelle, competitivo e sfidante con il Pd di Matteo Renzi e la sua opzione neocentrista” e per il capogruppo Francesco Laforgia che parla di “notevoli passi avanti per ridare dignità al centrosinistra” dopo “la stagione degli strappi con il mondo del lavoro e del sociale”. Ma proprio sul rapporto con il segretario Renzi i nodi rimangono ancora tutti da sciogliere. Se l’ex primo cittadino meneghino lascia la porta aperta, il leader di Mdp Roberto Speranza, nel suo discorso conclusivo a ‘Fondamenta’ mette subito in chiaro che “il centrosinistra è un progetto bellissimo, ma serve un’alternativa. Non si tratta di limare o addolcire il renzismo, ma di superare il renzismo”. E i motivi di scontro con il governo non sembrano mancare tra i partecipanti alla convention milanese. Si parte dai voucher, con Speranza che avverte “se si commettono errori su questa vicenda non c’è fiducia che basti”. Altro scoglio è la legge elettorale: “nelle prossime ore c’è una battaglia da fare nel Paese”, annuncia Speranza. “Da domenica prossima organizziamo dei banchetti per raccogliere le firme per una petizione popolare contro un parlamento di nominati. E non dobbiamo farlo da soli, dobbiamo chiamare le associazioni, le organizzazioni, quel mondo del 4 dicembre che qualcuno vuole dimenticare e che invece sta ancora lì. Richiamiamoli in piazza contro un parlamento di nominati”. La critica a Renzi e ai suoi progetti elettorali e istituzionali è talmente evidente che Speranza fa a meno di citarlo, ma il richiamo al popolo del 4 dicembre è preciso e senza equivoci. Inoltre, dice Speranza nell’intervento di chiusura, “il punto non è Renzi, ma come sia possibile che la sinistra mondiale sia senza parole contro la disuguaglianza. Siamo apparsi quelli dalla parte di chi vinceva e non di chi non ce la faceva. Mdp è dentro questo ricerca mondiale”, che è un altro modo per contestare il mutamento politico e sociale del Pd.

Insomma, se Pisapia aveva evocato la fine della tendopoli accanto al Nazareno, secondo la provocazione prodiana, con la costruzione di una casa del centrosinistra, e se le premesse delle sua “Fondamenta” sono quelle illustrate in parte da D’Attorre e confermate da Speranza nelle conclusioni, con la ricerca dell’alternativa al renzismo, la convivenza pacifica tra anime che sembrano già così distanti sembra mostrare qualche difficoltà. Ma Pisapia tira dritto e “da uomo di sinistra” dice di non volersi rassegnare “per non lasciare il Paese a destre e populismo”. E però, è ancora il pragmatismo di Massimo D’Alema che con una battuta chiude il cerchio: “Leggo di un accordo per andare a votare ad ottobre, quindi bisogna riunirsi con chi c’è e fare le liste perché senza le liste non si prendono i voti”. D’Alema fa riferimento ad un’intervista concessa da Silvio Berlusconi al quotidiano Il Messaggero, in cui si paventa in modo palese un baratto con Renzi, tra il voto a ottobre e una legge elettorale a impianto proporzionale. E il tempo comincia a scarseggiare.

Beppe Pisa

Da jobsnews

 


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