Giovanni Falcone non solo va ricordato, ma bisogna impegnarsi affinché non sia dimenticato. Sembra la reiterazione dello stesso concetto ma così non è. La nostra bella e sfortunata Italia spesso dimentica, omette, mistifica. Ho stampato nella mia memoria, come se fosse oggi, la famosa puntata del Maurizio Costanzo Show in onda da Palermo nel lontano 1991. Lo si accusò di cercare visibilità per poi candidarsi in politica. Ricordo gli attacchi per le sue interviste nonostante fossero concentrate tutte sulla lotta alla mafia. Ricordo di un famoso magistrato che di Falcone appena morto disse “io i morti li rispetto, ma certi morti no!”. Quel magistrato è rimasto al suo posto giungendo all’apice della sua carriera, mentre Falcone per difendere i valori in cui credeva si è sacrificato.
Io stesso, giovanissimo laureato, criticai Falcone perché aveva deciso di andare a Roma, accettando quell’incarico di direttore generale degli affari penali presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Non avevo capito la sua decisione e gli scrissi una lettera alla quale lui rispose che da quel posto avrebbe potuto combattere più efficacemente la mafia. Aveva ragione! Grazie a quella scelta oggi abbiamo una procura nazionale antimafia ed ottimi strumenti di lotta alla mafia. Tanti suoi “pseudo amici” ebbero più volte da ridire sul lavoro di Falcone. In tv e sui giornali in quegli anni si parlava solo di lui, ma non del suo meraviglioso lavoro di magistrato, dei suoi eccellenti metodi investigativi, per i quali è osannato oggi in tutto il mondo, ma per attaccarlo sotto ogni profilo, per annientarlo davanti all’opinione pubblica.
Ma questo sfortunato Paese si sa dimentica tutto e presto. A me sembra che in Italia si voglia la giustizia e la legalità a condizione che questa non tocchi i cd. poteri forti. Se vogliamo non dimenticare Giovanni Falcone, dobbiamo andare oltre la retorica di convenienza. In occasione del 25° anniversario della strage di Capaci dobbiamo portare le sue idee in mezzo alla gioventù. E’ necessario che le nuove generazioni sappiano quello che ha fatto: cose non comuni come, ad esempio, il maxi-processo di Palermo e la requisitoria scritta con Paolo Borsellino all’interno del Carcere dell’Asinara. Dobbiamo dire ai nostri ragazzi della sua cultura, della sua abilità oratoria, della sua dedizione al lavoro, del suo rigore morale, della sua osservanza delle regole, del suo senso dello Stato e del dovere: questo era Giovanni Falcone. Questo è l’esempio che dovremo portare nelle aule di scuola e nelle nostre famiglie. Questo è quello che da oltre venticinque anni cerco di fare nelle scuole di tutto il Paese. Falcone deve diventare un punto di riferimento importantissimo per le nuove generazioni. Se riusciremo a far questo, la sua e la nostra missione avranno un senso. E’ inutile ricordarlo nei cortei, negli slogan, nella propaganda di una certa antimafia diventata sempre più fine a se stessa e sempre più assetata di denaro. Cerchiamo di fare tesoro di tutto ciò che ci ha insegnato come magistrato e come uomo. Portiamolo in mezzo ai giovani ogni volta che ci sarà data occasione. Falcone in vita rimase spesso solo se vogliamo veramente ricordarlo, facciamo in modo che dopo il suo sacrificio diventi patrimonio della nostra gioventù.
*Vincenzo Musacchio – direttore scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise