Governo e renziani, errori nella manovra. Una “manina” interviene sul Codice della Privacy. Il garante: “ancora estemporaneità”
Di Alessandro Cardulli
Si erano persino perse le tracce di manovrina, manovra, documento di economia e finanza, discusso e approvato dalle Camere, con emendamenti di cui non sono noti i contenuti. Sarebbe interessante, fra l’altro, conoscere il testo di quanto inviato alla Commissione dell’Unione europea che attendeva entro il 30 aprile le correzioni alla manovra di bilancio, quei 3,4 miliardi, 0,2 punti di PIL, per capire dove hanno preso quanto richiesto da Bruxelles. Così come si sono perse le tracce nella politica economica del governo Gentiloni della parola “lavoro”. E si capisce il motivo, dal momento che Renzi Matteo era impegnato nelle primarie ed andava dicendo che il jobs act era la più grande riforma in materia di lavoro fatta dalla sinistra. Lasciamo perdere, uno come lui non sa neppure dove stia di casa la sinistra e cosa significhi porre al centro della iniziativa politica le parole “lavoro”, “diritti dei lavoratori”. Siamo curiosi di leggere la proposta del Pd, annunciata dall’ex premier, per salvare Alitalia, annunciata nella campagna per le primarie e, ci pare, persa in uno dei tanti porti delle nebbie dove approda la navicella renziana. Lavoro, diritti, parole che gliele ricorderà la Cgil con la manifestazione nazionale che si svolge sabato a Roma, appuntamento alle ore 14, piazza San Giovanni Bosco, Tuscolano, un grande quartiere della periferia.
La Carta dei diritti universali del lavoro in continuità con gli obiettivi referendari
L’iniziativa prende spunto dalla Carta dei diritti universali del lavoro, la proposta di legge di iniziativa popolare presentata al Parlamento corredata da 1 milione 150 mila firme che ha accompagnato il percorso referendario su voucher, appalti, ripristino dell’articolo 18, non ammesso dalla Corte Costituzionale. La manifestazione della Cgil si muove in continuità con gli obiettivi referendari sui quali è stato ottenuto un successo per quanto riguarda voucher e appalti. “Costruiamo tutta un’altra Italia”, lo slogan della manifestazione che non ha bisogno di illustrazioni. La “Carta” è stata costruita in migliaia di assemblee nei luoghi di lavoro. Poi l’assemblea di 1500 quadri sindacali tenuta a Roma sabato 8 aprile che ha rilanciato l’iniziativa con la quale la Cgil darà anche una risposta ai velenosi attacchi al sindacato e ai lavoratori che in questi tempi hanno trovato spazio nei mezzi di informazione, nei giornaloni, con le più assurde accuse ad un movimento sindacale che certamente incontra difficoltà stante la pesante situazione economica del nostro paese dove i disoccupati crescono, ora anche i cinquantenni sono entrati a far parte dei senza lavoro insieme ai giovani, milioni di famiglie vivono in condizioni di povertà assoluta. “Parliamo all’insieme del mondo del lavoro – ha detto Susanna Camusso, la segretaria generale che concluderà la manifestazione – lo Statuto vuole innovare gli strumenti contrattuali preservando quei diritti fondamentali che devono essere riconosciuti ed estesi a tutti, senza distinzione, indipendentemente dalla tipologia lavorativa o contrattuale, perché inderogabili e universali. Parliamo all’insieme del mondo del lavoro, ai lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato o meno, pubblici e privati, ai precari in tutte le varie forme, a chi non ha lavoro, al mondo del lavoro autonomo. Non si è mai costruita una operazione con queste caratteristiche e per questo la consideriamo una grande sfida di ricostruzione di un profilo di valore del lavoro”. “Diritti – prosegue – che vanno dal compenso equo e proporzionato alla libertà di espressione, dal diritto alla sicurezza al diritto al riposo, ma anche alle pari opportunità e alla formazione permanente, un aggiornamento costante di saperi e competenze.
Camusso: non dimentichiamo mai la riconquista delle tutele dell’articolo 1
Per ricostruire un diritto del lavoro a tutela della parte più debole nel rapporto di lavoro”. Camusso, nell’intervento alla assemblea dei quadri, aveva affermato la necessità “di riannodare i fili di un’identità comune”, dell’obiettivo “della battaglia contro i licenziamenti collettivi, dato che cancellare i voucher e reintrodurre la responsabilità negli appalti è importante, ma dobbiamo conquistare anche le tutele che erano presenti nell’articolo 18. Non lo dimentichiamo”. La Cgil non dimentica che anche “sugli appalti c’è ancora tanto da migliorare”, e che “cancellare i voucher non vuol dire eliminare del tutto la precarietà”. Per questo “la battaglia non è finita”. La manifestazione di sabato è un momento importante di questa battaglia che viene da lontano. Parlerà al paese, alle forze politiche, alle forze sociali, alla Cisl e alla Uil anche, ai movimenti. Una “sfida”, dice Camusso, “quella di proporre il lavoro come punto di creazione della ricchezza del nostro Paese, ma anche come punto di vita dignitoso delle persone”. Parlerà al governo. Torniamo così alla manovra o manovrina che dir si voglia. Un governo che porta sulle spalle gli errori dei “mille giorni” renziani, nuovi pasticci e imbrogli. Ogni giorno ha le sue pene, dalla legge sulla concorrenza, una legge che peggiore non poteva essere, a quella che riguarda la legittima difesa, che accoglie le pulsioni più becere e dà spazio al mercato delle armi, agli “errori” che si scoprono in altri provvedimenti, tipo quell’articolo scomparso dalla legge anticorruzione.
Gli “errori” dei ministri segnalati dall’Ufficio di Bilancio e dal garante della privacy
Si potrebbe scrivere un libro, “nero” ovviamente, sugli “errori” dei ministri, del governo nel suo complesso. Ne prendiamo due. Il primo è stato segnalato dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), un organismo indipendente costituito nel 2014 con il compito di svolgere analisi e verifiche sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del governo e di valutare il rispetto delle regole di bilancio nazionali ed europee. L’Upb contribuisce ad assicurare la trasparenza e l’affidabilità dei conti pubblici, al servizio del Parlamento e dei cittadini. Scrive l’Ansa: “Il mantenimento dei medesimi obiettivi programmatici stabiliti nell’ottobre scorso e la disattivazione completa delle clausole di salvaguardia sulle imposte indirette determinerebbero la necessità di predisporre, nei prossimi mesi, misure almeno pari a circa 1 punto percentuale di Pil nel 2018 e a circa 1,5 punti percentuali nel biennio successivo, senza peraltro considerare la necessità di finanziare ulteriori interventi dichiarati dal governo per sostenere la crescita e l’occupazione”. Il ministro Padoan ne sa niente? Come Gentiloni e soci intendono affrontare il problema? Interrogativi per ora senza risposta. Il secondo “errore” riguarda una norma contenuta nel testo del ddl concorrenza relativa al telemarketing, strumento sempre più usato dai cittadini. Il Garante per la privacy Antonello Soro parla di “una norma che suscita sconcerto e preoccupazione.
Via libera al fenomeno del telemarketing selvaggio. Ne fa le spese l’ utente
Una norma che elimina il requisito del consenso preventivo per le chiamate promozionali” dando via libera, “liberalizzando” è la parola usata dal Garante, al fenomeno “del telemarketing selvaggio e prevedendo come unica forma di tutela dell’utente la possibilità di rifiutare le sole chiamate successive alla prima”. “Si tratta – prosegue – di una soluzione diametralmente opposta a quella fondata sul previo consenso all’interessato – ampiamente discussa nella Commissione di merito dello stesso Senato, indicata dal Garante e, in apparenza, largamente condivisa. La norma peraltro risulta incoerente con la linea di maggiore tutela seguita dalla stessa Commissione nell’ambito dell’esame del Ddl sul Registro delle opposizioni”. “Prendo atto del fatto che ancora una volta – sottolinea Soro – il legislatore intervenga sul Codice della privacy nel segno dell’estemporaneità, rendendo ancora più difficile l’attività di contrasto delle incontenibili violazioni in questo settore”. L’accusa di “estemporaneità” è pesante. Sarebbe interessante conoscere quale sia la “manina” che è intervenuta. Ormai ce ne sono troppe. E troppe sono le “sviste” del clan renziano che gestisce la cosa pubblica.