Adesso vi è chi invoca nuovi naufragi come deterrente ai flussi migratori e chi, invece, vorrebbe mantenere le cose come sono, con gli interventi in mare suddivisi fra ong e guardia costiera in base a chi riceve le chiamate dalle coste del Nordafrica o dai barconi. Da parte nostra, abbiamo ribadito una richiesta che da tanti anni presentiamo alla Commissione europea: è necessario realizzare un programma efficace di soccorso dei migranti, coordinato dalle istituzioni dell’Ue, con una flotta europea attrezzata e una logistica idonea alla tragedia in corso. Alle ong e alle barche private sarebbero così affidati compiti umanitari di supporto tattico, in rete con la strategia dell’Ue. Nel 2012 la Commissione ci ha risposto, riconoscendo la validità del progetto e impegnandosi a renderlo operativo a breve. Poi però altri interessi e priorità hanno prevalso e siamo giunti alla situazione odierna, in cui la mortalità dei profughi durante le traversate è salita a dismisura. Società civile e istituzioni non si devono arroccare su posizioni da mantenere a tutti i costi, ma è importante che comprendano la necessità di cambiare strada, per garantire ai soccorsi un perfetto coordinamento logistico, in grado di salvare più vite possibile. E salvare vite non significa solo – come invece troppo spesso definiscono i media – imbarcare e portare a terra i profughi che hanno iniziato la traversata, ma soprattutto prevenire i naufragi o comunque intervenire in caso di avaria con tempestività, quando è ancora possibile evitare l’annegamento di tanti esseri umani. L’obiettivo principale dovrebbe essere proprio quello di azzerare le morti e a nessun altro traguardo può essere accordata priorità.