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Turchia, l’appello dell’Ifj: «L’Europa si mobiliti». Plauso all’iniziativa della Fnsi

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Le istituzioni internazionali si mobilitino per la liberazione degli oltre 150 colleghi turchi in carcere. L’appello, rivolto in particolare alla Ue, è contenuto nella risoluzione approvata all’unanimità dal comitato esecutivo del Sindacato internazionale dei giornalisti. Il testo della mozione approvata all’unanimità.

Le istituzioni internazionali si mobilitino per la liberazione degli oltre 150 giornalisti turchi in carcere. L’appello, rivolto in particolare all’Unione europea, è contenuto nella risoluzione approvata all’unanimità dal comitato esecutivo della Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj), riunito a Mosca. Alla vigilia della Giornata mondiale della libertà di stampa, nel documento viene espressa solidarietà ai giornalisti turchi e si sottolinea che «la Turchia è diventata il più grande carcere del mondo per i giornalisti».

L’esecutivo mondiale del’Ifj, nel quale il sindacato dei giornalisti italiani è rappresentato dal segretario generale Raffaele Lorusso, «saluta – si legge nella mozione – la Giornata di mobilitazione contro il bavaglio turco, promossa per il 2 maggio a Roma dalla Fnsi, e invita le autorità internazionali ed europee a intervenire sul governo turco per ottenere la liberazione e dei giornalisti rinchiusi in carcere per aver fatto il proprio lavoro e per far sì che la libertà di stampa diventi uno dei valori fondamentali della vita democratica in Turchia».

Nel corso dei lavori, aperti dalla relazione del presidente dell’Ifj, Philippe Leruth, viene approvato il bilancio della Federazione e si discute dei diritti e delle libertà dei giornalisti nel mondo. Ovunque, sia pure con sfumature diverse, i giornalisti sono sotto tiro e la libertà di stampa viene minacciata. Per questo è convinzione unanime che l’azione dei sindacati nazionali non possa essere limitata alle questioni legate al lavoro e ai diritti contrattuali, ma debba essere anche lotta per i diritti umani e per la libertà d’espressione.

Sono tante, nel mondo, le aree in cui i giornalisti vedono minacciata la loro libertà e, spesso, la loro vita e quella dei loro familiari. Particolarmente preoccupante è la situazione in America Latina. A destare maggiore allarme, raccontano i rappresentanti dei sindacati dei Paesi latinoamericani, sono il Messico, dove è altissimo il numero dei giornalisti morti ammazzati, e il Venezuela.

Nel Paese che conta una significativa presenza di emigrati italiani, è ormai in vigore la censura di Stato. Chi parla delle manifestazioni contro il governo del presidente Maduro viene ridotto al silenzio e rischia il carcere. Per questa ragione, il sindacato dei giornalisti venezuelani scenderà in piazza il Primo Maggio, festa dei lavoratori, per chiedere la mobilitazione delle organizzazioni internazionali della categoria e la solidarietà dei colleghi degli altri Paesi del mondo.

Oltre alla sicurezza e alle sempre più diffuse leggi bavaglio, ormai all’ordine del giorno anche in Perù, Colombia e a Panama, in America Latina preoccupano il precariato dilagante, la cancellazione di diritti fondamentali del lavoro e l’abbassamento delle retribuzioni. Situazione altrettanto grave in Guatemala, dove recentemente un giornalista  è stato ucciso, e in Uruguay e Paraguay a causa dei tentativi di introdurre restrizioni alla libertà di stampa.

Un appello al rispetto dei diritti umani, oltre che della libertà di stampa e dei diritti del lavoro, giunge anche dai sindacati dei giornalisti africani e del Medio Oriente. «Il mondo arabo è il posto più difficile e meno sicuro per i giornalisti», è l’allarme dei giornalisti dell’area. Viene approvata all’unanimità una mozione a sostegno dei giornalisti palestinesi in sciopero della fame per chiedere la liberazione dei loro colleghi in carcere e la cancellazione dei numerosi bavagli alla stampa.

In Asia è la Cina il Paese più ostile ai cronisti: il governo controlla l’attività della stampa attraverso la polizia e per i giornalisti, così come per tutti i cittadini cinesi, è difficile, se non impossibile, comunicare con il mondo esterno e accedere liberamente a Internet e ai social network.

Ad esprimere preoccupazione è anche il sindacato dei giornalisti russi, che ospita la riunione. In una loro risoluzione, approvata all’unanimità, si denunciano le pressioni cui sono sottoposti i giornalisti e si chiede la fine dell’impunità dei reati e delle minacce contro la stampa e i professionisti dell’informazione.

IL TESTO DELLA RISOLUZIONE
Meeting in Moscow on 29th and 30th April, as the international Press freedom day is nearing, the International Federation of Journalists executive committee reaffirms its solidarity with the more then 150 journalists and press workers still detained in Turkey, which makes of Turkey one of the biggest jails for journalists in the world. It hails its Italian member-union, FNSI, which will organize a demonstration in Rome, on next Tuesday, to express their solidarity, and it repeats its invitation to all international institutions, and particularly the European institutions, so that they press the Turkish authorities to free the journalists detained because they practiced their profession and that they make press freedom a key value of democratic life in Turkey.

Da fnsi


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