Può il lavoro essere contemporaneamente tema per eccellenza e tema tabù? Ebbene sì, può esserlo e lo è. Basta scorrere le pagine dei quotidiani per rendersi conto che all’argomento “lavoro” non viene dedicato molto spazio. Occuparsi di lavoro, infatti, significa affrontare anche aspetti “scomodi” e per questo ancora poco indagati. I canali di informazione aggiornano sulla situazione dei vari cantieri aperti, non solo edili, riportano le denunce degli imprenditori relative alla difficoltà di accesso al credito, gli scioperi nel settore pubblico e privato, oppure, ancora, dedicano spazio allo stanziamento dei fondi di finanziamento europei per l’attivazione di nuovi progetti.
Il punto è che le vere informazioni, quelle che riguardano la vita dei lavoratori, di ogni categoria, non le ritroviamo sulla “superficie” della notizia che viene comunicata, ma in fondo alla notizia stessa, soffocate da tante parole e formule di bellezza poste ad hoc per svecchiare e rendere meno severo il volto della realtà che viviamo.
In sostanza, per conoscere i fatti occorre “scavare” nella notizia.
Il mio blog The Job Enquirer nasce per questo, per essere un occhio vivo sull’universo lavoro, uno strumento per provare a capire cosa le attuali condizioni economiche e sociali presentano sotto diversi profili, e suggerire, grazie anche al contributo di esperti che operano a livello nazionale, percorsi di conoscenza, di approfondimento e di riflessione per chi offre lavoro e chi presta lavoro, per uscire dalla posizione stantia, e soprattutto improduttiva, “dell’un contro l’altro”, senza tralasciare il ruolo fondamentale che le istituzioni e i corpi intermedi possono ancora svolgere. Tutto a favore di un sano conflitto.
Il conflitto, come scrisse Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus Annus (1991), può svolgere un ruolo positivo, nella misura in cui esso si configuri come “lotta per la giustizia sociale”, mentre non è positiva, e pertanto viene condannata, «l’idea di un conflitto che non è limitato da considerazioni di carattere etico o giuridico, che si rifiuta di rispettare la dignità della persona nell’altro (e, di conseguenza, in se stesso), che esclude, perciò, un ragionevole accomodamento e persegue non già il bene generale della società, bensì un interesse di parte che si sostituisce al bene comune e vuol distruggere ciò che gli si oppone». La radice di questo atteggiamento, secondo il Papa, è sempre la stessa: il far prevalere il principio della forza su quello della ragione e del diritto.
In questo particolare momento storico il conflitto tra le parti sociali si è acuito molto, a motivo della povertà crescente e del disagio sociale derivante proprio da quest’ultima. Ognuno cerca di far prevalere le proprie ragioni giungendo persino a delegittimare l’altro in modi diversi. Sembrerebbe quasi che il conflitto abbia assunto sempre di più quella radice, condannata da Giovanni Paolo II, di far prevalere la forza sulla ragione e il diritto.
Tanti gli argomenti approfonditi fino ad oggi: la legge contro il caporalato in agricoltura, il rapporto Svimez, la condizione dei Millenials, l’universo dei Neet, lo smart working, i risultati del Jobs Act, i voucher e il Mezzogiorno, il nuovi disegno di legge sulle disposizioni in materia di modalità di pagamento delle retribuzioni ai lavoratori, la fame di vita del disoccupato. E poi, ancora, spazio alla testimonianza degli italiani all’estero, di chi prova a creare lavoro in condizioni difficili, interviste a professori universitari del Sud Italia e del Nord, proposte per risolvere problemi che riguardano aziende storiche del nostro Paese come Natuzzi, con il positivo riscontro delle istituzioni competenti.
Il lavoro dovrebbe essere uno spazio umanizzante e non un “videogame” in cui noi tutti continuiamo ad essere i finti protagonisti di un gioco manovrato da altri, in nome delle necessità e delle contingenze.
Credo che l’uomo sia bellezza, intelligenza, sensibilità, non un vuoto da riempire solo con il cibo e men che meno un numero nelle infinite statistiche che proiettano dati sull’occupazione e disoccupazione nel nostro Paese. Non mi fido di coloro che provano a far credere che sopravvivenza sia sinonimo di inclusione sociale e che, per questo, sopravvivere sia già una conquista. I sudditi sopravvivono, i cittadini vivono.
Tutto questo, e molto di più, è jobenquirer.it.
*Blogger
La mia quasi ventennale esperienza lavorativa riguarda l’ambito amministrativo-commerciale, ma da sempre coltivo l’amore per la scrittura. Nel 2014 ho pubblicato un volume sul tema del lavoro “Alziamo il tiro. Un corpo a corpo con la Rerum Novarum, tra i falsi rimedi di ieri e di oggi”
Attualmente Direttore del Corso di formazione all’impegno socio-politico e alla cura del creato “Laudato si’” (diocesi di Locri-Gerace)