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Immigrazione. Difendiamoci dai network criminali

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Le indagini della procura della repubblica di Catania su possibili legami tra i network criminali ed alcune organizzazioni non governative (note con la sigla ong) aggiungono un tassello strategico  allo scontro in atto tra clan e Stati sovrani per il controllo delle acque nel Mediterraneo. Accettare l’idea che i clan criminali adoperino un numero limitato di ong per penetrare le rotte è nell’interesse del nostro Paese rientra di una nuova dottrina di sicurezza capace di fronteggiare i pericoli generati dalla decomposizione degli Stati arabi-mussulmani.

Il nemico da cui dobbiamo difenderci sono i network criminali che gestiscono il traffico di esseri umani, alleandosi con clan, tribù e milizie di ogni genere. Si tratta di un avversario spietato, una sorta di ponte sul Mediterraneo per far fruttare le rotte per i disperati attraverso il Sahara ed ora intento a facilitare il loro arrivo sulle nostre coste, ovvero in Europa.

I finanziamenti che arrivano dall’Unione Europea o da Stati nazionali (tra cui anche il nostro) sarebbero finalizzati a far salvare – consapevolmente o no – dalle loro unità i profughi in arrivo dai barconi salpati dalle coste libiche.

Con questo espediente un trafficante, salpando dalla Libia con un barcone di migranti, telefona a una ong facendo sapere in che direzione navigherà si può assicurare che vadano a prendere il suo carico in mezzo al mare. E’ un metodo cinico  e spregiudicato per sfruttare a proprio vantaggio la vulnerabilità dei sistemi democratici.

Secondo: si propone di moltiplicare gli arrivi nel Nostro Paese in tempi rapidi. Davanti a tale scenario l’interesse è destinato a generare flussi notevoli  di proventi illeciti destinati ad alimentare ogni sorta di attività criminali, jahdismo incluso, che minacciano più nazioni. Davanti a tale scenario l’interesse è tutelare i propri spazi di territorio nel NordAfrica, puntano ad estendere il potere su alcune rotte marittime per avere dei corridoi di penetrazione verso l’Europa continentale ,bucando le difese nazionali. se dovessero riuscire nell’intento verrebbe indebolita la sovranità dei Paesi dell’UE,-a cominciare dall’Italia negli spazi marittimi centrando un obbiettivo che i pirati del Maghreb perseguono dalla fine del Settecento quando scorribande ,sequestri e violenze diventarono così allarmanti da spingere nel 1801 il presidente americano Thomas Jefferson ad allearsi con la Svezia e il Regno delle due Sicilie facendo sbarcare i marines sulle spiagge di Tripoli per garantire la sicurezza delle rotte dai pirati libici,a lgerini e tunisini.

Allora come oggi, la posta in gioco è la stabilità del Mediterraneo che i clan vogliono sconvolgere e gli Stati tentano di proteggere.


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