Scrivo nel giorno in cui si celebra la liberazione di Bologna: era il 1945 e si veniva da un conflitto devastante.
Scrivo nel giorno in cui, purtroppo, si celebra anche il cinquantesimo anniversario del colpo di Stato che portò al potere i Colonnelli in Grecia, trasformando il Paese, fra il ’67 e il ’74, in un inferno di repressione, violenza e barbarie, senza democrazia e senza prospettive, con un susseguirsi di crimini e di insulti ai più elementari princìpi della dignità umana.
Tuttavia, scrivo anche all’indomani della bellissima serata andata in scena ieri presso il Teatro Italia di via Bari, a Roma, dove si è svolta la settima edizione del premio cinematografico “La pellicola d’oro”, nato nel 2011 e volto a premiare le maestranze del cinema, ossia tutti quei lavoratori oscuri senza i quali, però, non sarebbe possibile realizzare nessuno dei capolavori che apprezziamo nelle sale.
Direttori di produzione, sarti, stuntmen, operatori di macchina e molti altri ancora: mestieri nobili ma destinati a rimanere dietro le quinte che per una sera, grazie all’impegno di Enzo De Camillis, presidente dell’associazione Articolo 9 sono diventati protagonisti e hanno visto giustamente riconosciuto il proprio ruolo.
È la magia della settima arte, l’unicità di un lavoro che è, al tempo stesso, un dono alla comunità, un regalo a tutti noi, un simbolo del genio e della creatività, della passione e della dedizione, con connotati politici e civili che da sempre contribuiscono a rendere migliore la nostra società e meno incerto il nostro destino.
A Roma come ad Atene, il cinema ha sempre costituito una forma di resistenza, di battaglia culturale, di lotta profonda ed intensa contro l’inciviltà e la barbarie, contro tutte le tirannidi, contro la mostruosità di un sistema iniquo ed escludente e contro l’oppressione di chi cerca sistematicamente di strumentalizzare la cultura per porla al proprio servizio.
Il buon cinema premiato ieri sera a “La pellicola d’oro”, con ospiti d’onore del calibro di Giuliano Montaldo, Rita Forzani, Roberto Perpignani, Francesco Avenia e Fabrizio Gallo, i quali, nei rispettivi settori, hanno illuminato oltre mezzo secolo di cinema italiano e internazionale, trasformando in realtà l’utopia della bellezza di cui parlavamo in precedenza.
Un cinema colto, quello premiato ieri sera, un cinema in cui un capolavoro come “La pazza gioia” di Virzì, interpretato da Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, ha ricevuto una messe di riconoscimenti, essendo stato considerato un affresco dedicato al disagio mentale e alle sue inaspettate prospettive, in una sorta di erasmiano elogio della follia contemporaneo in cui emergono tutti i vizi, le ipocrisie, le discriminazioni e le violenze psicologiche di una società inconsapevolmente, ma neanche troppo, repressiva.
Per non parlare di “Veloce come il vento” di Matteo Rovere, in cui Stefano Accorsi e Matilde De Angelis danno vita ad un rapporto intenso, profondo, diremmo quasi simbiotico fra un fratello caduto nel baratro della droga e dell’autodissoluzione e una sorella che sogna di emularne le gesta al volante, dimostrando di possedere discrete qualità solo nel momento in cui prende piena coscienza di sé, dei propri limiti e delle proprie potenzialità.
È la grande lezione di Costa Gravas e del suo “Z – L’orgia del potere”: un cinema efficace, civilmente e politicamente impegnato, colto e ricco di passione per il futuro, proprio come lo fu il neo-realismo del grande cinema italiano del dopoguerra che, non a caso, ieri sera è stato rievocato in più occasioni ed elevato ad esempio di ciò che dovrebbe essere il cinema e del rapporto che dovrebbe avere con le istituzioni, con la cittadinanza e con i luoghi che ospitano le sue storie e la sua epopea di oggi e di sempre.
La Resistenza, l’antifascismo, la Liberazione, la propensione internazionale e l’attenzione all’evolversi di una società in repentino mutamento: queste sono le basi del premio svoltosi ieri, collocato al momento giusto, nella stagione che più di ogni un’altra invera questi valori e li trasforma in punti di partenza per edificare un domani diverso e migliore.
A cinquant’anni dalla barbarie dei Colonnelli, mentre la Grecia si dibatte ancora in condizioni difficili e il suo saggio presidente esorta a non abbassare la guardia davanti ad un orrore che potrebbe ripetersi, questo premio è servito anche a ribadire da che parte stiamo: contro tutti i diluvi, contro tutti i regimi, sempre e orgogliosamente al fianco di chi, nel proprio ambito, si batte per la libertà e per il rispetto dei diritti di tutti.
P.S. Dedico quest’articolo agli ottant’anni del grande Jack Nicholson: un altro personaggio che ha fatto del cinema la propria vita e di quest’arte un magnifico strumento per scuotere le coscienze e arricchire la società nel suo insieme. A persone come lui non si può che dire grazie: ogni giorno e ora in maniera particolare.