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“Macelleria sociale” e guerra fra poveri

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“Ma perché non lo dice in televisione che non è possibile che continuano a prendere i soldi solo a noi e che i ricchi non li tocca nessuno”? La signora è proprio arrabbiata e vorrebbe che i democratici che conosce –  tra i quali ci sono anch’io – uscissero da un silenzio accondiscendente per schierarsi. Cerco di parlarle, di spiegarle l’impossibilità – per me che ci credo – di fare un uso comunque privato del servizio pubblico radiotelevisivo, della necessità di trovarci in altri luoghi per discuterne.  Si inserisce il marito. “E come si può tollerare che il sindaco Zedda trovi alloggio agli zingari? e poi gli dovrà pagare anche la luce e l’acqua?”.

E’ una qualunque mattina di gran caldo, in viale Bonaria, a Cagliari. Conversazione semplice ed esemplare di quel che si rischia di far esplodere in una situazione di straordinaria gravità economica. I ricchi irraggiungibili, da chi si devono difendere? Da quegli altri disgraziati che, però, dovrebbero avere meno diritti e ai quali vengono destinate le poche residue risorse.

Mi spaventa che nelle grandi analisi su quel che sta facendo il governo Monti queste realtà siano ignorate. Non è questo il terreno su cui populismo e demagogia attingono a piene mani? E come far capire a chi ha sempre pagato le tasse, che continua a pagarle, che si è dissanguato per avere servizi che ora rischia di perdere, che i possessori di grandi patrimoni, gli evasori, i furbi, continuano a restare impuniti? Va bene il senso di responsabilità, ma perché non guardare anche a questa base del Paese che non conta più per nessuno, quella base che non sa, non è in grado o non vuole urlare ma che è solo capace di prendersela con chi è altrettanto o più povero?

La logica dei mercati, dello spread, delle borse è diventata una camicia di forza asfissiante che ottunde anche le intelligenze. Ho sentito affermare in tv da un illustre esponente del Pdl che ormai lo stato sociale del secolo scorso è un vecchio arnese buono solo per i nostalgici. E con cosa lo sostituiamo? Perché non viene prospettato quel che ci sarà dopo il tanto bramato “risanamento”? Finalizzati a cosa sono i tagli dei servizi, degli impieghi, dei posti letto, dei tribunali? Con tante leggi scritte solo per tutelare chi ha commesso gravi reati, perché non ci si ricorda mai delle tante vittime che aspettano soltanto di avere giustizia? E quando mai la otterranno se anche i luoghi fisici del diritto vengono fatti sparire? E perché attaccare le risorse che spettano alle regioni a Statuto Speciale? E’ vero che non siamo più alle prese con il Circo Barnum berlusconiano, ma non sarà il caso di riprendere ragionamenti politici, accanto a quelli ragionieristici? Se anche il presidente di Confindustria parla del rischio di “macelleria sociale”, visto che lui gli operai li conosce direttamente e non per aver letto solo qualche pregnante trattato, ci sarà qualche ragione, o dobbiamo sospettare che anche lui si stia preparando a ‘scendere in campo’ per le prossime elezioni?

Confesso che la coppia che mi ha fermato per strada per richiamarmi in qualche modo alle mie responsabilità mi ha piantato una spina nel cuore e nel cervello. Per questo ho scritto. Va benissimo mostrarsi responsabili, ma non sulla vita degli altri, degli esclusi, dei non garantiti, dei precari, dei pensionati. Non sono un disfattista ma ho grande paura del disfacimento di quei valori su cui l’impegno di tanti democratici è stato costruito. Ci sono molte strade per far guarire questo Paese. Quella che si sta percorrendo rischia di danneggiare soprattutto chi non ha neppure una qualche collocazione sociale. Ed è lì che rischia di scatenarsi una violenta guerra fra poveri.


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