Guai ad abbassare la guardia. Nessuno pensi di risolvere i problemi della giustizia penale e della tutela del segreto istruttorio con l’introduzione di bavagli alla stampa. Il riaccendersi del dibattito, nelle ultime ore, su avvisi di garanzia e intercettazioni non può diventare un alibi per immaginare misure restrittive per i giornali e per i giornalisti. È singolare che, quando si occupa di giustizia, la politica non riesca ad immaginare nulla di diverso che un accanimento sul diritto di cronaca. Come se i problemi della giustizia, fossero i giornali e i giornalisti. Semmai, è paradossale che in un Paese che non riesce a risolvere il problema delle querele temerarie, sarebbe paradossale, ci si sforzi di immaginare nuove censure alla stampa. Per questo chi, in queste ore, si sta esercitando pubblicamente a preconizzare forme di limitazione del diritto di cronaca farebbe bene a desistere. Non tocca ai giornalisti mantenere il riserbo sulle notizie coperte da segreto istruttorio. Se si vuole evitare la fuga di notizie, bisogna agire su chi, per dovere d’ufficio oltre che per legge, è obbligato a non rivelare le notizie coperte da segreto. Ogni azione diretta a limitare il diritto di cronaca o a colpire i giornalisti è destinata a cadere nel nulla. I giornalisti, come ricordano le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, hanno il dovere di pubblicare le notizie di cui vengono in possesso, anche se coperte da segreto, ogni qualvolta esiste una rilevanza pubblica delle stesse perché è diritto dei cittadini esserne correttamente informati.
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