Un manifesto di valori, una sala gremita presso la Città dell’altra economia, a Testaccio, nel cuore della Roma popolare, partigiana e resistenziale, gruppi parlamentari ormai prossimi a partire sia alla Camera che al Senato e un clima di ritrovata cordialità, al netto delle incertezze, dei drammi e delle tante vicissitudini, personali e collettive, degli ultimi anni.
Enrico Rossi, Roberto Speranza e Arturo Scotto hanno dato vita al movimento dei Democratici e Progressisti, scegliendo come simbolo l’articolo 1 della Costituzione, al fine di marcare una netta continuità rispetto alla battaglia vinta lo scorso 4 dicembre e di far proprio il concetto di Calamandrei secondo cui la nostra Carta è il programma politico della Resistenza e la sua attuazione è un dovere morale, oltre che civile e politico.
Si è parlato di diritti e di princìpi, di giovani e di nuovi italiani, della sinistra di oggi e della sinistra che verrà, e apprezzabile in tal senso è stata la presenza di Stefano Fassina e Laura Lauri di Sinistra Italiana, con l’auspicio che l’unità tante volte inseguita, cercata e sbandierata possa stavolta trasformarsi in realtà.
Certo, bisognerà fare i conti con Renzi, con la sua pressoché certa rielezione alla guida del PD e con la sua smania di correre alle urne il prima possibile che, in caso di una netta affermazione congressuale, trarrebbe nuova linfa, senza incontrare più uno solo degli ostacoli che pure gli si sono parati sul cammino nelle ultime settimane.
Una grande incertezza, dunque, un clima d’attesa e di speranza, eppure in tutti si avvertiva il desiderio di rimboccarsi le maniche, di provarci davvero, di rimettere al centro del nuovo progetto politico gli ideali e le battaglie storiche della sinistra, rafforzandole e innervandole col bisogno di uguaglianza, redditi adeguati e dignità della persona che si avverte ormai ad ogni latitudine.
Una sinistra popolare e globale al tempo stesso, dotata di un’identità ben precisa e ben radicata nelle nostre vicende nazionali ma, al contempo, capace di comprendere e farsi interprete della complessità globale di una stagione fra le più travagliate di sempre: questa è la proposta politica formulata oggi da Rossi, Speranza e Scotto.
Una sinistra di ampio respiro, con il lavoro come bussola e la sua qualità come missione, con i concetti di solidarietà sociale e comunità di destino di nuovo al centro del discorso e una capacità su cui pochi avrebbero scommesso di stipulare un patto inter-generazionale fra anziani dai capelli bianchi, desiderosi di insegnare, e ragazzi e ragazze disposti ad ascoltare e a fare tesoro di quei messaggi e di quelle lezioni.
Non c’era, ovviamente, il clima scanzonato e quasi da simpatica scolaresca che si respira, invece, alla tre giorni organizzata da Pippo Civati e dal suo movimento Possibile presso il centro congressi Roma eventi, in via Alibert, dietro piazza di Spagna, là dove di fatto è affondato il PD e dove, invece, l’allegra brigata civatiana celebra la sua Costituente delle idee, arricchita dalla presenza di figure come il professor Pasquino e Tomaso Montanari, oltre all’europarlamentare Elly Schlein e ai deputati nazionali Pastorino, Brignone e Maestri.
Meno ceto politico e meno giornalisti, tuttavia, rispetto all’iniziativa della sinistra tradizionale; molti capelli neri, giovanotti desiderosi di dare una mano, un po’ di ingenuità e molto sano entusiasmo, indispensabile in questa fase storica caratterizzata dal cinismo e dalla barbarie.
Ospite di entrambi gli eventi, come detto, è stata Sinistra Italiana, ossia la terza gamba di un’alternativa ad un PD “degenerato” e con il quale ormai i margini di trattativa sembrano essere pressoché nulli.
L’importante è che questo vasto universo, queste passioni civili, queste aspettative, queste visioni del mondo, questi ideali e questa concezione sana del dibattito pubblico che, sia pur con sfumature diverse, si può trovare un po’ ovunque a sinistra non commetta il consueto errore di dividersi nel momento decisivo, ossia quando è necessario fare fronte comune per arginare tanto il populismo dall’alto di Renzi quanto i populismi dal basso, ma nient’affatto meno pericolosi, costituiti dalla Lega e dal M5S.
Non sappiamo come andrà a finire ma sappiamo bene come vorremmo che finisse, come milioni di elettori e di semplici cittadini, animati dai nostri stessi ideali, si augurano che finisca, come sarebbe opportuno che si concludesse l’eterna saga delle scissioni e delle ricomposizioni a sinistra, ossia con una lista unica, forte, autorevole e in grado di contrapporre al Partito di Renzi tutta l’energia di un mondo politico, civico e associazionistico che, insieme, può davvero riaprire la partita sia in Italia che in Europa, imprimendo un cambio di passo e d’agenda ad una sinistra che, a livello mondiale, negli ultimi trent’anni, si è lasciata eccessivamente ammaliare dalle sirene del liberismo e dall’immagine idilliaca di una globalizzazione rivelatasi invece, col passare degli anni, una gabbia insostenibile per tutti coloro che ne hanno sofferto le conseguenze nefaste, impoverendosi e perdendo, in molti casi, uno status sociale conquistato in anni e anni di sforzi e sacrifici.
Ricostruire insieme, riunire, riconnettere esperienze e prospettive complementari, collaborare con sempre maggiore intensità e offrire un’alternativa credibile a quell’ampia parte di italiani che non aspetta altro che di poter votare una forza politica civile e autenticamente schierata dalla parte dei deboli e degli esclusi: questa deve essere la nostra sfida, questa deve essere la nostra missione e se, come recita l’adagio, il buon giorno si vede dal mattino, diciamo che questo sabato di buona politica ci consente di tornare a casa con l’impressione che siamo, finalmente, sulla strada giusta.