Di Oscar Luigi Scalfaro conservo un ricordo bellissimo: erano i primi di settembre del 2009, in un venerdì di fine estate, a Genova, e mentre sul Porto Antico era ormai calata la sera l’ex presidente della Repubblica rievocava, in un’atmosfera quasi surreale, la storia di un suo amico sacerdote, il quale, dopo aver vissuto sulla propria pelle la straziante ritirata degli alpini dalla Russia, gli confessò di aver rischiato, in quei giorni, di perdere la fede.
Ricordo che lo intervistava Chiara Geloni, all’epoca direttrice di YouDem, e ricordo che ero in compagnia di un gruppo di amici dei Giovani Democratici: fu impossibile trattenere la commozione al cospetto di quell’uomo straordinario che sembrava davvero un libro di storia vivente, un punto di riferimento per tutti noi, un simbolo, un modello e un portatore sano di valori ormai dimenticati.
E ricordo anche che il 9 aprile 2011 ero ad una manifestazione dal titolo emblematico: “Il nostro tempo è adesso! La vita non aspetta”, mentre nel mondo iniziavano a diffondersi i movimenti giovanili che avrebbero rianimato le speranze della sinistra negli anni successivi, salvo poi essere contrastati, umiliati e scherniti dai gretti apparati di partito che hanno favorito, in Spagna, la riconferma di Rajoy e negli Stati Uniti l’ascesa di Trump, essendo tanto il PSOE quanto i democratici americani in preda ad una crisi che non è più solo politica ma direi quasi esistenziale. Ebbene, anche quel giorno a inviarci un messaggio di conforto, di stima, d’affetto e di vicinanza fu proprio lui, Scalfaro, innamorato come pochi dei giovani e desideroso di vederli crescere, di vederli volare lontano, di veder brillare nei loro occhi gli stessi ideali resistenziali e costituenti che avevano animato la sua giovinezza.
Perché Scalfaro non è stato solo il capo dello Stato che con maggior vigore si è opposto all’ascesa e alle torsioni autoritarie e plebiscitarie del berlusconismo, non è stato solo il promotore e l’animatore dei comitati per la Costituzione che nel 2006 contribuirono a respingere una riforma non meno pericolosa di quella che abbiamo sventato lo scorso 4 dicembre; no, Scalfaro è stato soprattutto un uomo che ha fatto della Costituzione la propria bandiera, dei suoi ideali un vessillo, della sua storia e della sua limpidezza giuridica il programma politico di un’esistenza irripetibile.
Non è un caso se nei giorni delle bombe di Capaci e via D’Amelio, delle stragi di mafia, del sangue per le strade e del pericolo effettivo, confermato più volte da Carlo Azeglio Ciampi, che si verificasse addirittura un colpo di Stato, non è un caso se in quella fase cosi drammatica venne scelto proprio lui, un mite cattolico democratico, fermo nell’interpretazione letterale della Carta e ostile a qualsivoglia tentativo di stravolgerla.
E non è un caso nemmeno che quest’uomo, in cui convivevano gli ideali di Dossetti con i sogni e le speranze della Resistenza piemontese, la cui vita è stata caratterizzata dalla costante riaffermazione dei princìpi di Maritain legati all’importanza e alla dignità dell’uomo, non è un caso che si sia mantenuto umile e giovane fino alla fine, quando a novant’anni passati ancora riusciva ad emozionarci, a prenderci per mano e a mostrarci che la politica può essere davvero la più grande arma di cambiamento di cui siano state dotate le comunità moderne.
Oscar Luigi Scalfaro è stato il primo presidente della Repubblica di cui personalmente abbia memoria, quello che ho ammirato negli anni dell’infanzia e che ho successivamente ritrovato al mio fianco nelle battaglie sociali e civili che hanno segnato in maniera indelebile la mia adolescenza; è stato un esempio semplice e stimato da tutti coloro che si sono sempre opposti ai miasmi e ai rigurgiti di fascismo che purtroppo caratterizzano ciclicamente la vicenda politica di questo Paese.
Era un uomo di cui potersi fidare e noi ci siamo spesso affidati alla sua saggezza, al suo coraggio e alla potenza morale delle sue denunce, fino a quando un giorno di cinque anni fa non abbiamo appreso che questo nonno collettivo, questo padre della Repubblica, questa persona umile e speciale che, in fondo, consideravamo ormai come uno di famiglia non c’era più.
Quante volte, in questi cinque anni, avremmo avuto bisogno di sentirlo al nostro fianco, di confrontartci con lui o anche solo di ascoltare un suo messaggio di vicinanza, un suo sprone, un suo abbraccio ideale!
E quante volte, in questi anni, mi è tornata in mente quella sera di tanti anni fa, quando al tramonto il presidente Scalfaro ci fece entrare in contatto con la storia di questo Paese, facendo sembrare contemporanei fatti e personaggi che coincidevano con i suoi vent’anni!
Non so se sia un caso che se ne sia andato proprio nei giorni in cui il mondo intero rievoca la tragedia dell’Olocausto; so soltanto che penso a lui e al suo racconto ogni volta che sento un uomo di fede confessare, con straordinaria sincerità, che ci sono momenti e luoghi nei quali è fondato il rischio di smarrirla, e Auschwitz era senz’altro uno di quei luoghi,
È opportuno evitare strumentalizzazioni, guai a coinvolgere un gigante che non c’è più nelle beghe e nelle miserie del dibattito politico contemporaneo; è, invece, utilissimo, portare avanti quelle battaglie, mantenere viva quella tensione etica, quella passione civile, quella nobile visione del mondo e della vita nonché quel senso di comunità, di collettività e di unione di intenti nel quale ci siamo formati e grazie al quale siamo oggi ciò che siamo.
Come scrisse ancora Chiara, pochi giorni prima del referendum dello scorso 4 dicembre, per ottenere un risultato realmente utile per l’Italia non basta né un SÌ né un NO ma un noi: serve il nostro spirito critico, il nostro stare insieme, il nostro desiderio di riprendere il cammino, forti della lezione di un uomo che a oltre novant’anni scendeva ancora in piazza, con lo stesso coraggio e gli stessi sentimenti di quando era ragazzo.
Non ho raccontato qui la storia di Scalfaro: la conoscete tutti e, personalmente, me n’ero già occupato in occasione del suo novantesimo compleanno e della sua scomparsa, avvenuta esattamente cinque anni fa. Ho raccontato, invece, cosa abbia rappresentato per me, per noi, per la nostra generazione che in questo padre nobile, proprio come nella Costituzione, ha ritrovato il senso della politica che vorrebbe, dei propri ideali, della propria dignità, della dignità di una storia importante e di una lotta per la democrazia che vale sempre la pena di compiere, ogni giorno, in ogni circostanza.
Ricordare Scalfaro, dunque, è un buon modo per ricordare a noi stessi chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare, per ripartire e ritrovare la gioia, non solo il desiderio, di compiere un percorso comune. Ed è anche un modo per tornare a credere in qualcosa: in qualcosa per cui valga la pena uscire di casa la mattina con l’idea di battersi per un progetto collettivo in cui tutti possano riconoscersi.
Basta un noi e abbiamo il dovere morale di riaffermarlo.