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“Taddarita”, storia di Riccardo Orioles e dei suoi “carusi”. In 30.000 chiedono l’applicazione della Legge Bacchelli per il giornalista antimafia

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Ma se non ne parliamo noi di Riccardo Orioles, chi dovrebbe farlo? Chi dovrebbe raccontare l’amico di lungo corso, il compagno della trincea lontana, il giacobino cortese dalle mani color tabacco, il maestro di strada dei carusi diventati cronisti? Per questo, grazie a tanti amici e amiche, ci siamo messi a scrivere di Riccardo, per come lo conosciamo noi: Nando dalla Chiesa, Rocco Rossitto, Maurizio Parisi, Antonio Ortoleva, Leandro Perrotta, Paolo Petrucci, Costantino Sacchetto, Rosalba Cancellieri, Danilo Daquino, Massimo Arcidiacono, Michele Gambino, Claudio Fava, Graziella Proto. In 72 ore ci siamo accordati sui social, ci siamo sentiti, abbiamo fatto amicizia in un lampo, ci siamo seguiti a colpi di messaggi e poi abbiamo scritto del compagno Orioles: del nostro rapporto con lui, di come l’abbiamo conosciuto e che cosa ci ha insegnato. E di come ci abbiamo litigato. Mille e mille volte. È nato così “TADDARITA” – papillon in siciliano – il libro ebook ed ora in cartaceo ideato da #MandiamoInPensioneOrioles e dai carusi che hanno avuto ed hanno ancora Riccardo come maestro di giornalismo soprattutto d’inchiesta.
Le storie che racconta TADDARITA sono scritte sia da “vecchi” e “giovani” :-)
In tutte si racconta di Orioles come un giornalista con i mille occhi della memoria, capace di scrivere in quattro righe il sunto di un’inchiesta di dieci pagine. Per tutti Riccardo è una lanterna che ogni notte illumina il pulviscolo del tempo. In “TADDARITA” si parla del gran brutto carattere di Riccardo che secondo Michele Gambino è “rigido, fanatico, insopportabile, dall’intelligenza che ti fa vedere cose che non vedevi prima”. Riccardo, è vero, ha un brutto carattere. Ma chi ha un brutto carattere per davvero non può avere la scrittura di Riccardo che è letteratura. Unire il talento della scrittura alla capacità di vedere quello che non si vede, è raccontare la Storia di questo dannato Paese. È quello che Riccardo ha fatto da quando aveva vent’anni e lavorava prima nella redazione de Il Giornale del Sud e poi ne I Siciliani. Il direttore era un “vecchio” quasi sessantenne. Pippo Fava, che insegnava a carusi di 20/30 anni la libertà e gli attacchi dei pezzi. Te lo faceva riscrivere cento volte il pezzo. E se gli dicevi che ti volevi occupare di esteri ti rispondeva “Certo! Vai in quella stanza a sinistra. Digli che ti mando io. Ti occuperai di cronaca. Nera”.
Oggi Riccardo Orioles ha 67 anni. Un po’ sovrappeso e acciaccato. Sta seduto davanti al computer indossando camicie improbabili e fumando perennemente una pipa incrasciata di tabacco. Vive a Milazzo  con una pensione di vecchiaia insufficiente. I suoi allievi migliori vivono in giro per il mondo. E per lui stanno cercando di fare qualcosa di buono. Per restituire a Riccardo l’1% di quella libertà che lui – e Pippo – hanno insegnato loro.
Mettetevi anche voi una taddarita. Oggi si festeggiano 30mila firme. E bisogna brindare. Alla faccia dei cavalieri del lavoro e dei mafiosi.
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