Alla vigilia della sua uscita dalla Casa Bianca, il presidente Barack Obama ha concesso la grazia a Chelsea Manning, l’analista della difesa che è stata la principale fonte di Wikileaks. Consegnando nel 2010 al gruppo di Julian Assange oltre 700.000 documenti segreti del Dipartimento di Stato e della Difesa, Manning ha svelato al mondo intero il sistema di spionaggio globale messo in piedi dagli Stati Uniti.
Arrestata quasi subito, Manning, che all’epoca si chiamava ancora Bradley, fu condannata a 35 anni di carcere. La decisione di Obama arriva dopo i due tentativi di suicidio dell’ex analista, che, anche dopo l’operazione per cambiare sesso, è stata reclusa in un penitenziario maschile. La liberazione definitiva arriverà a maggio.
Le durissime condizioni di detenzione di Manning erano note da tempo, tanto che lo stesso Julian Assange aveva chiesto pubblicamente a Obama di concedere la grazia a Manning prima di essere sostituito da Trump, e si era anche impegnato ad accettare, in cambio, di essere estradato negli Usa.
Resta invece ricercato dalla giustizia statunitense l’altro celebre whistleblower Edward Snowden. A lui le autorità di Mosca hanno proprio in queste ore prolungato di due anni il permesso di restare sul suolo russo, forse anche per ribadire le schermaglie diplomatiche con l’amministrazione Obama. C’è da sperare che questo suo status di rifugiato non venga messo in discussione da un’eventuale futura distensione nelle relazioni tra i due paesi, con l’insediamento di Donald Trump. Dovremo tutti monitorare la vicenda, perché le rivelazioni di personaggi come Manning e Snowden sono un patrimonio inestimabile per la sovranità democratica di tutti noi.