“Io ho sempre finanziato tutti i partiti”. Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase da uomini d’affari? Tante, troppe. Soprattutto a Roma. Senza mai un allarme. Quasi fosse la manifestazione di un atteggiamento “ecumenico” e benevolo verso la politica. E invece questa ostentata par condicio è la manifestazione più chiara di una propensione alla corruzione. Che dovrebbe far accendere il riflettore della magistratura e orientare gli elettori a non votare i partiti che ricevono fondi da questi donatori generalisti. Non a caso l’ultimo ad aver confessato questa sua abitudine alla pasturazione del potere è stato l’immobiliarista Scarpellini. Ma se andassimo a ritroso nelle emeroteche troveremmo gran parte dei palazzinari romani ammettere questa loro consolidata abitudine, con punte eclatanti di generosità nelle campagna elettorale ed eleganti partecipazioni alle costose cene di finanziamento (Renzi non ha mai reso noto l’elenco dei partecipanti alla più costosa di queste cene).
Lo scopo è chiaro: creare un circuito di riconoscenza, che il politico eletto si riterrà impegnato ad onorare con favori mirati.
Non è un costo eccessivo per chi attende varianti di piano che possano procurargli enormi guadagni. O conta sulla chiusura di un occhio, se vende edilizia agevolata con maggiorazioni di prezzo ingiustificate. Inoltre, la maggior parte della classe politica locale è di modesta levatura e si commuove davanti al mattone. Un attico è la consacrazione del raggiungimento dell’apice della carriera politica ed è su questa aspirazione che il costruttore sa di poter vincere ogni resistenza.
Il risultato di anni di speculazione edilizia e del progressivo impoverimento della qualità di gran parte (non tutti) dei politici ha portato Roma ad essere sottomessa al potere della lobby dell’edilizia speculativa. Roma cambierà solo quando i palazzinari saranno ridimensionati a costruttori soggetti come tutti a regole. E i politici provinciali in cerca di terrazze con vista saranno rimpiazzati da persone senza sensi d’inferiorità da colmare con eccessi di lusso, ma finalmente attenti al bene comune.
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