Si celebra la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. L’analisi dell’esperto in flussi migratori Fulvio Vassallo Paleologo sulle prospettive politiche: l’ipotesi di “umanizzare i Cie”, i rischi cui vanno incontro i minori non accompagnati, il dialogo a senso unico con la Libia e i venti di intransigenza che arrivano dall’Europa
PALERMO – Riaprire dei Cie o costruirne di nuovi anche se più piccoli e organizzati in altro modo sarebbe lo stesso un preoccupante passo indietro nel nostro Paese. A sostenerlo è il giurista, esperto in diritti umani e flussi migratori, Fulvio Vassalo Paleologo. Tra i rischi maggiori ci sarebbe il pericolo che a finirci dentro potrebbero essere anche i minori stranieri, se non venisse applicata la nuova normativa in materia di identificazione degli stessi.
Cosa pensa della eventuale apertura di nuovi Cie ‘diversi’ dai precedenti secondo quanto ha sottolineato il ministro Minniti: più piccoli, più trasparenti e con la presenza dei garanti dei diritti?
Sono anni che si parla di umanizzare i Cie, facendo entrare in questi centri figure diverse dagli operatori di polizia come un numero maggiore di mediatori culturali e psicologi, fornendo un’assistenza sanitaria più efficace e, probabilmente – considerato che i tempi di attesa si protraggono oltre i due mesi – impegnando i migranti in vario modo. La prospettiva dell’umanizzazione è però del tutto impraticabile: sono 12 anni (dalla tragedia del Serraino Vulpitta) che si parla di questo senza di fatto riuscirci. I Cie continuano ad essere luoghi di sofferenza per persone pronte ad essere rimpatriate, alle quali vengono negate le possibilità legali di stare nel nostro territorio. Quasi sempre, infatti, vengono allontanati con provvedimenti di convalida adottati senza una considerazione della loro posizione individuale. In passato ci sono tragicamente finite purtroppo, per esempio, anche persone con figli a cui era scaduto il permesso di soggiorno. Per quanto riguarda la loro grandezza i Cie sono già piccoli, Caltanisetta funziona già da tempo con un massimo di 100 persone. Non so se vorranno farli di 20 persone ma la cosa più grave è che verranno fatti con provvedimenti amministrativi discrezionali che avranno un’applicazione differenziata su tutto il territorio nazionale. Non essendoci, infatti, una maggioranza in Parlamento per modificare la legge e non avendo neanche abrogato il reato di clandestinità, succederà quindi che probabilmente ci saranno misure di polizia combinate con intervento sociale con diversa graduazione. Ci saranno quindi nuove strutture nelle quali la libertà personale sarà fortemente limitata senza quella previsione di legge che garantisca certezza e uniformità di applicazione del diritto previsto nella costituzione italiana.
Riguardo invece alle figure giuridiche per la tutela dei diritti cosa può aggiungere?
Per quanto riguarda i garanti sappiamo tutti che esiste già un garante dei detenuti ed esiste anche una commissione straordinaria diritti umani del senato che ha scritto una relazione sui Cie che è devastante, di cui non si è tenuto conto. Tutto questo, purtroppo, perché c’è una chiara ventata politica populista e propagandistica che sostiene le politiche restrittive nei confronti degli immigrati. Inoltre ci sono anche rapporti difficili con l’Unione Europea per cui occorre che l’Italia si indurisca per dimostrare la sua intransigenza con gli irregolari espellendoli, quando in realtà anche questa nuova posizione dal punto di vista del miglioramento dell’efficacia dei provvedimenti concreti e dell’effettiva esecuzione delle espulsione è assolutamente minimale. Si riuscirà purtroppo in un solo colpo a negare i diritti. Riaprire i Cie, considerando che su 12 ne sono stati chiusi 8, sarebbe quindi un forte passo indietro del nostro Paese. Naturalmente sia come associazioni che come campagna LasciateCientrare continueremo a fare un accurato monitoraggio per scoprire le diverse irregolarità e violazioni dei diritti che continueranno a verificarsi. Siamo pronti a proseguire la nostra battaglia per la piena tutela dei diritti umani di persone che senza avere compiuto alcun reato vengono private della loro libertà.
Nei Cie potrebbero finirci come è già successo anche i minori stranieri?
Purtroppo questo è un forte rischio. E’ una preoccupazione molto grossa perché è stata adottata una nuova normativa per l’identificazione dei minori, entrata in vigore il 6 gennaio, che dovrà essere implementata perché ancora di chiaro non c’è nulla e attualmente quello che avviene negli sbarchi è esattamente lo stesso di quello che avveniva lo scorso anno. Auspico quindi che l’applicazione della nuova legge possa avvenire nel più breve tempo possibile con il suo nuovo approccio nel superiore interesse del minore e con la partecipazione di figure terze rispetto alla polizia. La preoccupazione forte è che ci siano minori non accompagnati, ragazze vittime di tratta giovanissime, tutti soggetti vulnerabili che potrebbero realmente, come è già accaduto, finire dentro questi centri. Abbiamo purtroppo già visto a ponte Galeria decine e decine di donne nigeriane vittime di tratta che senza considerare la loro posizione individuale sono state rimpatriate in Nigeria in forza degli accordi bilaterali.
Il ministro dell’interno italiano Marco Minniti è andato a Tripoli per gettare le basi di un’intesa con il governo di unità nazionale libico di Fayez al Serraj sulla gestione dell’immigrazione, il controllo delle frontiere e il contrasto al traffico di esseri umani. Secondo lei in questo momento storico si può trattare con la Libia?
Assolutamente no. In quel Paese si vive una situazione molto delicata ed estremamente pericolosa. In Libia c’è attualmente una guerra civile e l’apertura dell’ambasciata è stata una grave improvvisazione perché con l’obiettivo di contrastare l’immigrazione irregolare ci si è accordati soltanto con una fazione che fa capo al governo di Tripoli, che sembra non sia stato gradito dal governo di Bengasi che continua a controllare una buona parte del territorio libico. In Libia ci sono almeno tre parti in conflitto ed allearsi soltanto con una di queste potrebbe avere dei rischi seri. Non è stato un incontro quindi risolutivo ma asimmetrico perché piuttosto che favorire un dialogo tra le parti in conflitto, essersi schierati potrebbe essere molto pericoloso sul piano delle ripercussioni anche per gli interessi economici dell’Italia in Libia. Inoltre, nessuno accordo ci potrà fare chiudere gli occhi e dimenticare che gli africani che arrivano il Libia vengono trattenuti per lunghissimi periodi in centri di detenzione dove, uomini, donne e minori vengono schiavizzati con abusi di tutti i tipi. La Libia non può considerasi certo un Paese sicuro dove queste persone vengono sottoposte a torture ed a trattamenti profondamente disumani.
Questa nuova posizione del nostro Paese può considerarsi una sorta di adeguamento alla politica di chiusura europea nei confronti dell’immigrazione?
L’Unione Europea, in questo momento storico ha certamente un atteggiamento di chiusura forte nei confronti di qualunque istanza dei migranti. Sta pensando infatti di modificare in peggio il regolamento di Dublino e di rinforzare le missioni di Frontex. L’Italia quindi nei confronti dei migranti sembra coerente con questa linea finalizzata ad un inasprimento delle prassi di polizia applicate in tema di pubblica sicurezza. Tutte queste naturalmente sono posizioni che continueremo a contrastare con tutti gli strumenti democratici a nostra disposizione. (set)