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Migranti. Magistratura Democratica: “Con riapertura CIE a rischio diritti fondamentali. Le nostre proposte in sette punti”

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La recente Circolare del Ministero dell’Interno, sul rintraccio e le espulsioni degli stranieri irregolari e sulla riapertura dei CIE, sembra riproporre scelte che si sono rivelate errate e controproducenti. La paventata riapertura dei CIE e il rafforzamento delle azioni di allontanamento degli stranieri irregolari rischiano di impegnare risorse pubbliche nel perseguire tali soluzioni, sottraendole a efficaci strategie di integrazione e di contrasto al radicamento del terrorismo. Inoltre, rischia di imboccare quella pericolosa china della privazione della libertà personale. In passato abbiamo già assistito ad applicazioni di misure detentive comminate a persone non autrici di reato. Misure, inoltre, espiate in condizioni tali – come nel noto caso “Khalifia” – da violare il regolamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 3, CEDU).
Il fallimento dei trattenimenti nei CIE è quindi sotto gli occhi di tutti, illustrato anche dai rapporti e dalle relazioni delle Commissioni parlamentari – da ultimo, l’aggiornamento 2017 della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato – e testimoniato, ancora una volta, dalle recenti vicende del CPA di Cona.
Ripercorrendo la stessa strada, si rischierebbe di privare i cittadini stranieri irregolari del godimento dei diritti fondamentali e dello _status_ di persona, di contribuire ulteriormente al consenso verso le organizzazioni criminali e terroriste, di attivare fenomeni di radicalizzazione.
Magistratura democratica, in pieno accordo con l’ASGI e numerose associazioni e organizzazioni di settore, auspica che si scelga una via diversa.
In particolare, propone in un documento qui riassunto:

  1. Limitazioni degli strumenti di allontanamento coattivo, compresa la misura estrema del trattenimento nei CIE;
  2. Sostegno e incentivazione dei rimpatri volontari assistiti;
  3. Implementazione dei sistemi per anticipare l’identificazione al momento dell’ingresso nelle carceri dei detenuti stranieri condannati;
  4. Ricollocamento degli strumenti di allontanamento coattivo nella piena legalità costituzionale, attraverso l’attribuzione dei provvedimenti di trattenimento al controllo di giudici professionali;
  5. Previsione della possibilità per i giudici che si occupano di convalide e di proroghe dei trattenimenti nei CIE di effettuare visite periodiche presso tali centri;
  6. Riduzione del termine massimo di 12 mesi previsto per il trattenimento nei CIE dei richiedenti asilo, a fronte del termine massimo di 90 giorni oggi previsto per il trattenimento ordinario;
  7. Riesame delle procedure con cui vengono siglati gli accordi bilaterali di riammissione, accordi spesso non coperti dalle garanzie e dalla trasparenza del diritto dei trattati, sottratti al controllo del Parlamento e ridotti al rango di protocolli operativi tra polizie.

Sono questi solo alcuni dei temi che, insieme a quello delle garanzie processuali dei richiedenti asilo, intendiamo riproporre all’attenzione del dibattito pubblico e della magistratura associata ed in particolare dell’Associazione Nazionale Magistrati, che già in passato su questi temi si è autorevolmente distinta per posizioni attente al rispetto dei diritti fondamentali.


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