A prima vista – vista superficiale – finisce con l’editto grilliano del 2 gennaio una delle anomalie portate dal movimento cinquestelle nella nostra politica : l’ autogiustizialismo , il giustizialismo applicato a se stessi. Anomalia perché? Nell’eterna diatriba tra garantisti e giustizialisti – risale al 1992 , precede addirittura la “seconda repubblica” , o ne è addirittura una delle cause -, si poteva ben presto capire che le due definizioni ,di garantista e giustizialista , avevano un che di posticcio. In realtà , ne nascondevano una sola : fatte salve le debite eccezioni , a partire dall’inossidabile ( e a volte imbarazzante, vedi Antonio Negri e il suo ingresso in parlamento ) garantismo pannelliano . I garantisti erano essenzialmente garantisti di sé, a fini auto protettivi dai rigori della giustizia , quindi propugnatori inossidabili della innocenza fino al terzo grado di giudizio , e se possibile anche oltre ; e i giustizialisti , previo sommario ma radicale travestimento , erano sempre gli stessi garantisti , pronti a cogliere l’occasione di scagliarsi sulle grane giudiziarie dei propri avversari politici.
Salvo eccezioni , quindi , tutti o quasi autogarantisti ed eterogiustizialisti ad un tempo: bastava accorgersene e ci saremmo risparmiati venti e più anni di veleni micidiali , di dignitose carriere politiche stroncate e di criminali prestati alla politica rincorsi spesso a vuoto dalla giustizia. Per dire della distrazione : la vulgata comune ha continuato ad incasellare , tra i garantisti a pieni carati , un capopartito e capo di governo a tal punto ” garantista ” da recarsi a denunciare agli invisi magistrati ( era di regola imputato lui medesimo) , l’esistenza di plurimi incontri conviviali tra quattro avversari politici di primissimo piano e il presidente delle Generali , nel periodo dell’Opa Unipol su Bnl.
Una singolare notizia di un non reato: ma anche un ben dissimulato , radicale , inopinabile (per gli osservatori non distratti) sdoppiamento di personalità.
Per un migliore inquadramento della singolare contesa , ve detto che i garantisti , nel nostro , superficiale immaginario della politica , sono i buoni , i giustizialisti i cattivi. Riferimento non solo politicamente , ma addirittura costituzionalmente (e quindi inoppugnabilmente ) corretta: il famoso ” innocenti fino al terzo grado di giustizio”. Orribile non condividerlo , in un contesto di civiltà giudiziaria , neanche troppo sofisticata. Troppe mostruosità – umane prima ancora che giuridiche – vediamo in giro , ad esempio in quello sterminato carcere che è diventata la Turchia di Erdogan (per molti tutt’ora ospite atteso e gradito nella nostra Europa ) , per scherzare sui diritti e sulle garanzie dei cittadini.
Ma su quelli della nostra politica , di giustizialismi e garantismi , si deve ironizzare , irridere , pur con tutta l’amarezza del caso. Per cominciare , il dualismo è stato subito adocchiato ed adottato come un efficace strumento , semplice e apparentemente encomiabile , per infilarsi nelle dinamiche , negli affari interni degli altri partiti , e degli altrui governi. I giovani ne sanno poco , ma molti ricorderanno il paradosso grottesco del ” parlamento degli inquisiti” , che sostituiva il concetto di inquisizione a quello ortodosso di inchiesta ; nonchè quello dei ministri che venivano spazzati via dall’esecutivo , per accanimento popolare o presunto tale , all’apparire del più banale avviso di garanzia . Rimozione meccanica , di cui l’allora capo del governo Giuliano Amato ( 1992-1993) , garantista autentico , potrebbe essere pubblico testimone e narratore.
Passata la breve ondata ipergiustizialista , liquidati un bel po’ di partiti secolari o quasi , sopravvenuti inventori di start up politiche hanno ben presto preso le misure al fenomeno , intuendone le potenzialità di potente autodifesa e di agevole aggressione ad un tempo. Stazionano ancora , nei nostri depositi legislativi , normative tagliate su misura di imputati eccellenti , forgiate da principi del foro non più bisognosi dei codici perché dotati di potere legislativo ritagliato direttamente su procedimenti in corso .
In questo quadro – che si lega alla comoda sostituzione dei più appropriati criteri morali ,o di opportunità , nell’ambito politico-amministrativo , con i dettami del processo penale – finiva per stonare il riflesso meccanicamente punitivo all’interno del movimento cinquestelle nei confronti dei propri esponenti . Un atteggiamento più moralistico che moralizzatore , più strumento di epurazione delle presenze scomode che non catartico delle bassezze della politica. Ora , la svolta formale : perché tra i neogovernanti , per ora a livello comunale , di quel movimento , uno è uno , gli altri sono altri. Raggi non è Pizzarotti , e viceversa.
Apparentemente , solo apparentemente ora si gioca ad armi pari, e un avviso di garanzia torna ad essere una garanzia per ogni imputato. Ma ,per l’appunto , apparentemente : perché questo è il paese in cui si fanno assieme le regole e le deroghe alle regole . Le mani devono restare libere, sennò che politica è?
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