L’archiviazione dell’ennesima querela contro Federica Angeli non deve indurre in errore. Non basta l’attenzione dei magistrati giudicanti ad attenuare l’emergenza democratica rappresentata dallo stato di totale arbitrio in cui si muove chiunque voglia “legalmente” minacciare un cronista e impedire la diffusione di notizie scomode, anche se vere.
Ci rassicura la recentissima sentenza della Corte d’appello di Roma, che pochi giorni fa ha respinto una delle tante querele con richieste milionarie mosse da Silvio Berlusconi nel 2009 contro l’allora editore de L’Unità, la Nuova Iniziativa Editoriale, l’ex direttore Concita De Gregorio e le giornaliste Natalia Lombardo e Silvia Ballestra. Decisione analoga sempre negli ultimi giorni al tribunale civile di Bari che ha respinto la richiesta di risarcimento per due milioni di euro ai danni della Gazzetta del Mezzogiorno, del suo direttore Giuseppe De Tomaso e del giornalista Massimiliano Scagliarini per un articolo del 2009. E ancora il Tribunale di Modena ha respinto la richiesta di risarcimento di 1 milione di euro ciascuno avanzata dallo studio di progettazione Cooprocon nei confronti dei giornalisti Milena Gabanelli, Giuliano Marrucci e Stefano Santachiara per un’inchiesta andata in onda esattamente cinque anni fa a Report. Programma d’inchiesta che da solo ha accumulato ben 185 milioni di euro di richieste di danni, in gran parte già archiviate.
Ma se i querelati con le spalle larghe, con editori e avvocati in grado di affrontare costi e tempi giudiziari alla fine ne escono vincenti, quante piccole testate, o, peggio, freelance, magari di provincia, se vanno fino in fondo, soccombono anche solo ai costi di un avvocato, o in silenzio preferiscono non pubblicare? Quante querele sono state consegnate nell’ultima settimana o anche solo minacciate da una lettera, una mail, una telefonata?
E’ un clima di vera intimidazione, come risulta anche dalla relazione sulle minacce alla stampa della Commissione parlamentare antimafia; anche se non solo di mafia si tratta.
E’ sempre più urgente che il Parlamento approvi il disegno di legge che deve regolare la diffamazione e le liti temerarie: è fermo da mesi al Senato, dove attende il via libera definitivo. Un voto che non deve essere ancora rinviato dall’attuale crisi politica. Non è il migliore dei testi possibile, ma è un primo passo per salvare il diritto di cronaca in Italia. Ce lo chiedono dalla Corte europea di giustizia e dalle istituzioni di Bruxelles, dove l’anomalia italiana in tema di difesa della libertà di stampa è continuamente soggetta a richiami e sanzioni.
Una legge che renda più difficile l’uso indiscriminato delle querele non significa pretendere l’impunità per i giornalisti, tutt’altro: informare in modo accurato, puntuale e completo (“obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti” recita la legge 69 del 1963 sull’Ordinamento della professione) è dovere del giornalista, che semmai dovrebbe essere sancito proprio nel momento in cui non rispondesse pienamente a questa sua responsabilità.
Per questo Articolo21, insieme alla Federazione Nazionale della Stampa, organizza per mercoledì 14 dicembre un seminario-incontro che vedrà ragionare insieme giuristi, politici, membri del governo, rappresentanti della categoria e delle principali associazioni per la libertà di stampa. Sarà un momento di confronto e ragionamento comune per aiutare i legislatori a capire, anche grazie alle testimonianze di croniste e cronisti noti e meno noti vittime di questa forma di minaccia, l’urgenza di una legge che fermi questa deriva: un’urgenza crescente soprattutto in vista dei prossimi mesi di campagna elettorale in cui i media sono chiamati a vigilare e informare nel modo più trasparente e accurato possibile le cittadine e i cittadini che dovranno decidere il futuro del paese.