“La tragica vicenda avvenuta a Messina costata la vita a tre operai, più uno in fin di vita, oltre a farci constatare con amarezza che non siamo riusciti ancora ad assestare un colpo definitivo per l’abbattimento di un fenomeno che pesa sulle nostre coscienze come sulla nostra economia, evidenzia l’estrema pericolosità dei lavori svolti nei cosiddetti ‘ambienti confinati’ o sospetti di inquinamento. Ma allo stesso tempo, riteniamo che proprio in questi frangenti negativi – spiega il Presidente dell’ANMIL Franco Bettoni – bisogna moltiplicare gli sforzi per diffondere ovunque quella cultura della sicurezza e che si può raggiungere solo con un’opera concreta e continua di informazione, formazione vera e sensibilizzazione, affiancata da una rigorosa attività di controllo per contrastare quelle forme diffuse di inciviltà (come il caporalato, lo sfruttamento, il lavoro nero ecc.) ancora presenti in vaste aree del Paese. A tale proposito, dalla Relazione annuale INAIL 2015 ben l’87,4% delle aziende ispezionate sono risultate irregolari”.
“In merito al grave incidente di Messina interverremo velocemente andando a depositare la nostra nomina per poi costituirci parte civile quali parti danneggiate da tale infortunio e partecipare da subito alla fase delle indagini anche al fine di assistere – come sempre senza alcuna corresponsione di onorario – le famiglie dei deceduti e dei sopravvissuti ove lo desiderassero”, afferma il Presidente Franco Bettoni.
La vicenda degli operai di Messina, avvenuta durante l’esecuzione di lavori di manutenzione di una cisterna a bordo nave, evoca immediatamente la spinosa questione delle morti sul lavoro nei cosiddetti “ambienti confinati”, settore le cui norme sono state disciplinate da un importante decreto del 2011 (d.p.r. 177/2011) voluto dall’allora Ministro del lavoro Maurizio Sacconi, ma serve tuttavia garantirne l’effettiva applicazione grazie alla quale queste “morti a catena” potrebbero essere agevolmente evitate o drasticamente ridotte.
“In questi ambienti di lavoro –- spiega il Presidente dell’ANMIL – la sicurezza presenta in generale tre problematiche principali: in primo luogo il controllo sulla idoneità professionale delle ditte che effettuano lavori in questi ambienti in sede di affidamento degli appalti e dei subappalti. Spesso infatti questi lavori sono eseguiti da ditte in subappalto che non hanno le competenze tecniche e le risorse umane adatte per poter svolgere questi lavori molto rischiosi; in secondo luogo il tema della formazione e dell’addestramento pratico degli operatori che si immettono dentro le cisterne, con la dotazione dei dispositivi di salvataggio in caso di emergenza e del controllo/supervisione in loco da parte dei preposti sul corretto svolgimento delle operazioni e da ultimo la corretta informazione/addestramento dei colleghi della prima vittima quando si ‘lanciano a soccorrere’ il collega che, per primo, sta accusando un malore a causa della inalazione delle sostanze nocive che si sprigionano nei luoghi confinati”.
COSA SERVIREBBE FARE PER MIGLIORARE LA SICUREZZA SUL LAVORO
- Non rinviare l’annunciato Ispettorato Unico che dovrebbe attivarsi dal 1° gennaio 2017;
- Serve completare l’attuazione del Testo Unico Sicurezza: ad oggi, ci sono più di 20 i decreti da attuare ancora e alcuni riguardano materie anche di grande rilievo;
- Ambiti di intervento normativo importanti: qualificazione delle imprese, sorveglianza sanitaria, sviluppo della pariteticità, attuazione di politiche di gestione del rischio che tengano conto effettivamente della presenza di lavoratori con disabilità, malattie e patologie professionali nei luoghi di lavoro;
- Accelerare i tempi di attivazione della Commissione Consultiva Permanente per la Sicurezza nella sua nuova composizione.
- Dare vita ad una Procura unica che si occupi di tutte le questioni legate agli incidenti sul lavoro per evitare lungaggini e soprattutto eventuali prescrizioni.
Resp. Ufficio Stampa ANMIL – Marinella de Maffutiis
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