E’ il cielo che piange”, dice Lucia Andreucci, referente di Libera contro le mafie a Milano, commentando la pioggia che scende sopra le torce della fiaccolata in memoria di Lea Garofalo, ammazzata 7 anni fa dalla ‘ndrangheta perché aveva avuto il coraggio di testimoniare contro il clan Cosco, contro il suo stesso marito.
Sono decine e decine le persone sotto l’Arco della Pace a Milano, proprio lì dove, nel 2009, vediamo Lea viva per l’ultima volta, ripresa dalle telecamere di sorveglianza. Lei che cammina, vestita di nero, accanto alla figlia di Denise, allora 17enne. Poi si separano, Lea rimane sola e in pieno centro di Milano viene rapita dal marito, con altri 5 uomini, portata in un deposito a San Fruttuoso, nel monzese. Quello che accaduto lì lo abbiamo sentito, drammaticamente, nelle aule dei tribunali, attraverso le parole del pentito Carmine Venturino, fidanzato di Denise, poi condannato a 25 anni di carcere. Carlo Cosco (su cui pende un ergastolo) – il marito di Lea, padre della 17enne – ha prima torturato la donna per sapere cosa avesse raccontato all’Antimafia, poi l’ha strangolata e data alle fiamme. Di lei è rimasto un mucchietto di ossa e una collana brucciacchiata. Toccherà a Denise in aula guardare i gioielli e dire, davanti agli uomini che avevano ucciso sua madre, dire “Sì, sono suoi, ne sono sicura”.
Ieri, accanto a Libera, ha voluto esserci anche Articolo 21 Milano. Insieme al portavoce Andrea Riscassi, siamo partiti dall’Arco della Pace per arrivare in viale Montello, al civico 6, quello che negli anni ’80 fu – nell’indifferenza di tutti – il fortino della ‘ndrangheta a Milano, lì dove Lea ha vissuto insieme alla figlia. Poter entrare per la prima volta in quel luogo, dopo le condanne all’ergastolo e lo sgombero, ha avuto significato profondo. Ha detto a tutti noi, lo ha inciso negli animi, che debellare la mafia si può. Che bisogna avere coraggio, un coraggio che Lea ha pagato con la vita, lasciando il testimone alla figlia Denise, oggi 24enne. Anche lei ha testimoniato contro il padre e contro il clan Cosco. Ma lascia un testimone anche a tutti noi, un testimone che – insieme a Libera e a Libera Informazione – Articolo 21, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana con Giuseppe Giulietti e l’Usigrai con Vittorio di Trapani, vuole continuare a raccogliere e riaffermare ogni giorno – come Lea, come Denise, queste due donne straordinariamente coraggiose -: vedo, sento, parlo.