Il volo di Icaro rischia di interrompersi dopo poco più di 1000 giorni. Le sue ali sono già un po’ bruciacchiate, ma tra qualche giorno –con tutta probabilità- verranno liquefatte e precipiterà dal cielo della politica. Mille giorni non sono pochissimi per un governo in Italia, specie se espresso da un Parlamento marchiato dal Porcellum, ma è curiosa la parabola del volo di Icaro-Renzi. Alle primarie ha sgominato la nomenklatura del suo partito, ha messo da parte quel giovane gentiluomo di Enrico Letta per far cambiare passo al governo, alle elezioni europee ha raccolto un clamoroso 41% ed ha tentato di far “cambiare verso” alla rissosa e disordinata politica italiana. Adesso, però, gli italiani si sono stancati e pensano di punirlo andando a votare No al referendum costituzionale, a prescindere, o quasi, dai suoi contenuti, più o meno noti, per mandarlo a casa. La picchiata di Icaro-Renzi è iniziata qualche mese fa, quando sembrava che le elezioni referendarie sarebbero state una marcia trionfale. E invece no. Come è stato possibile, cosa è successo, cosa si è incrinato nel sempre più effimero rapporto di fiducia che lo legava ai suoi elettori?
Probabilmente le risposte sono multiple. Icaro-Renzi, nella sua fretta di avvicinarsi al sole delle riforme in Italia, ha scelto di tagliare i ponti (leggi “rottamare”) con pezzi importanti del passato, dai vecchi dirigenti del suo partito, ai sindacati, vissuti come un freno alla modernizzazione dei rapporti di lavoro, alle varie lobbies distribuite dentro il pachiderma della burocrazia italiana. Ha inseguito la retorica del “molti nemici, molto onore”, che notoriamente non porta bene. Poi gli è stata appiccicata l’etichetta di “un uomo solo al comando”, che ha reso un po’ antipatico persino Coppi, in un’Italia rimasta per decenni catto-comunista.
Renzi-Icaro ha promesso molto e qualche cosa ha fatto, specie per quanto riguarda lavoro e diritti civili, ma non è bastato. La lunga crisi ha reso gli italiani più cupi e diffidenti, e le “soluzioni” proposte, come la “mancia” degli 80 euro, la “buona scuola”, che ha assunto migliaia di precari ed ha dato ai docenti un “buono formativo” di 500 euro per acquistare libri, teatro e cinema, ha suscitato diffuse proteste. Probabilmente, al di là delle buone intenzioni, è mancata una adeguata applicazione dei principi enunciati. Forse, qua e là, avrebbe dovuto ascoltare i famigerati sindacati e i consigli di qualche rottamato. Ma, oltre all’arroganza e velocità di Renzi-Icaro, il suo volo rischia di finire grazie al “fuoco amico” del suo partito, quella sinistra che con Bersani e D’Alema era stata incapace di vincere e non sopporta che ci riesca questo “giovinastro” con le ali. Dopo averlo lavorato ai fianchi, dopo aver consegnato la Liguria all’improbabile Giovanni Toti e aver dato un contributo non irrilevante al disastro di Mafia Capitale, il fuoco di sbarramento è diventato quasi insuperabile. Alla contraerea della sinistra del Pd, si è aggiunta quella del M5S, di Brunetta e di un redivivo (in realtà era solo un po’ assopito) Berlusconi, della Lega filorussa di Salvini, di Fratelli d’Italia e di Casa Pound, oltre a quella della Cgil e –dolorosissima- dell’Anpi. Ormai la Costituzione c’entra poco e probabilmente il 4 dicembre i sondaggi si prenderanno la rivincita sugli inciampi di Brexit e Trump e vinceranno, come previsto, i No. Matteo Renzi si dimetterà, rifiuterà il reincarico di Mattarella per un “governicchio” e forse se ne andrà in vacanza, ma non a Mosca, come auspica Salvini.
Più curiose sono le posizioni della sinistra Pd filo Bersani, che –se vincerà il No- considereranno Renzi una sorta di “prigioniero parlamentare” e già gli dettano quello che –secondo loro- dovrebbe fare. Le cose non andranno così. Se vince il No, che pure ha le sue buone ragioni, le cose torneranno al febbraio 2013 e Bersani riprenderà a fare gli incontri in streaming con Grillo e poi con Brunetta e poi con Salvini e noi resteremo a guardare l’effetto che fa, soprattutto allo spread.
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