Par condicio luterana. Dopo l’incontro di Lund, in Svezia, tra il Papa di Roma Francesco e il presidente della Federazione luterana mondiale, il palestinese Munib Younan, sarebbe ora che si applicassero le disposizioni generali sul pluralismo anche alla rappresentazione delle differenti confessioni religiose. Al momento lo spettro delle opportunità rimane fermo a tre storiche trasmissioni: “Protestantesimo” (in orario da nottambuli), “Sorgente di vita” (idem) e “Culto evangelico”, rubrica radiofonica di discreto ascolto infilata la mattina tra notiziari, ultime sul traffico e rassegne stampa. Proprio l’avvicinarsi del quinto centenario dell’esposizione delle 95 tesi di Lutero e l’inedita riapertura del dialogo con la massima autorità del credo cattolico inducono a urgenti correzioni. Vale a dire la parità di trattamento tra le articolazioni del monoteismo. Dai vari filoni protestanti, all’ebraismo, all’Islam.
“Critica liberale”, la rivista diretta da Enzo Marzo, commissionò qualche mese fa alla società “Geca Italia” (la stessa che raccoglie i dati sulle presenze politiche per l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) una ricerca proprio sull’argomento per gli anni 2009-2014, sostenuta con i fondi dell’8Xmille valdese. Risultati scandalosi e persino disarmanti. Le rilevazioni valgono per Rai, Mediaset, La7 e Sky. Tuttavia, limitiamoci alla parte pubblica, vincolata da obblighi maggiori e più specifici. Ecco il 2014: alla fede cattolica va dal 96,25% del Tg1, al 98,42% del Tg2, al 100% (!) del Tg3, al 95,82% di Rainews: del tempo di parola. Poco sopra dell’1% le religioni musulmana ed ebraica, ancor meno i culti evangelici. Il riferimento all’ultima annata disponibile ha un significato preciso. I valori percentuali non appaiono granché dissimili nel tempo, pur essendo cambiata profondamente la geopolitica delle fedi nel e del villaggio globale. Ora, con l’apertura impressa da Francesco, il puro predominio della versione cattolica della religione danneggia proprio le linee evolutive volute da Bergoglio.
Del resto, la riforma di Lutero prese di mira innanzitutto le degenerazioni del potere temporale, la compravendita delle indulgenze, le gerarchie ecclesiali inzuppate di autoritarismo. E Francesco ha centrato il suo ministero su tale capitolo cruciale. L’Italia, com’è noto, non ha mai avuto la riforma protestante e gli effetti si vedono nella permanente attualità della questione morale. Nell’avvicinarsi della scadenza del rinnovo della concessione pubblica (per grave negligenza del governo siamo in piena vacatio, non essendo ancora in vigore la legge sull’editoria in cui fu inserita la proroga dei termini), è davvero auspicabile che si riveda la prassi della Rai, superando lo schema unilaterale che risale all’era di Ettore Bernabei. Tra i compiti della cultura laica vi è pure quello di favorire la conoscenza delle religioni, in quanto componenti essenziali del pensiero. Credenti o meno che si sia. Tra l’altro, il dialogo religioso è un capitolo delle relazioni di pace e il sistema radiotelevisivo ha l’opportunità di svolgere una funzione di prim’ordine.
Insomma, il valore aggiunto della straordinaria apertura avvenuta in terra di Svezia sta nell’arricchimento dell’offerta comunicativa. Il racconto della riforma protestante è decisivo per capire meglio quei secoli complessi e affascinanti che l’approccio dominante della storiografia ha semplicisticamente chiamato Medioevo. Le tesi di Lutero ci interpellano sulle contraddizioni della modernità in crisi.