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Rifugiati e salute. Dalla tbc alla scabbia, i dati che smentiscono gli allarmi infondati

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I rifugiati portano con loro malattie infettive? I numeri dicono di no. La maggior parte arriva in buona salute, ma le condizioni abitative e lavorative incontrate qui possono causarne il deterioramento

 Di Claudia Torrisi

Dimora vietata a persone provenienti da paesi dell’area africana e asiatica anche temporanea se non in possesso di regolare certificato sanitario aggiornato”. Così si legge in un’ordinanza di giugno del sindaco di Carcare – paese dell’entroterra savonese – emessa per “tutelare la salute dei cittadini” dall’arrivo di migranti originari di luoghi in cui “sono ancora presenti numerose malattie contagiose”, debellate in Europa. L’estate scorsa il sindaco di Alassio aveva emanato un provvedimento simile, con uno scopo pressoché identico: “tutelare la sicurezza e la salute dei nostri cittadini e dei nostri turisti”, in “risposta alla situazione di emergenza e all’invasione incontrollata del territorio nazionale”.

Al di là dei casi dei comuni liguri, la convinzione di una pericolosità sanitaria dei migranti e dei rifugiati è piuttosto diffusa. Ma esiste davvero il rischio di contagi e del ritorno di epidemie dimenticate?… Continua su cartadiroma


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