Dopo la visita del premier Renzi negli USA, tutti i media hanno parlato dei complimenti che i due leader (a pochi giorni uno dal trasloco dalla Casa Bianca, l’altro in attesa dei risultati del Referendum costituzionale) si sono scambiati.
Le prime pagine dei media sono state riempite di foto dei personaggi (di nome e di fatto) che hanno accompagnato la visita di Renzi e delle due first ladies. Nessuno ha parlato dell’oggetto vero della visita.
Col senno di poi, però, forse non sarebbe stata una cattiva idea farlo visto ciò che è avvenuto nei giorni scorsi alle Nazioni Unite.
Nel corso di una riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite è stata messa ai voti la Risoluzione L.41, uno “strumento giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti verso la loro eliminazione totale”. L’esito della consultazione è stato a dir poco sorprendente e sotto diversi aspetti. La maggioranza dei paesi ha votato per l’avvio, nel 2017, di negoziati per un Trattato internazionale destinato a vietare le armi nucleari. Una decisione storica che pone fine a due decenni di paralisi negli sforzi multilaterali per il disarmo nucleare. A favore della messa al bando delle armi sono state 123 nazioni, 38 hanno votato contro e 16 paesi si sono astenuti.
Non sorprende vedere tra gli astenuti paesi come India e Pakistan e tra quelli che hanno votato no la Corea del Nord o la Russia.
Desta stupore invece che tra i paesi che si sono opposti all’approvazione della mozione c’erano anche i paladini della pace nol mondo, gli Stati Uniti d’America e, addirittura, l’Italia. Se per gli USA non c’è da sorprendersi più di tanto (nonostante gli accordi fino ad ora sottoscritti e le condanne della decisione di altri paesi, come la Corea del Nord, allo sviluppo di ordigni nucleari, gli americani non hanno mai smesso di “aggiornare” e “rinnovare” il proprio arsenale nucleare), diversa è la situazione per l’Italia.
In primo luogo perchè il Bel Paese non dispone di un arsenale nucleare proprio: le decine di testate nucleari dislocate sul territorio nazionale sono tutte controllate dagli USA, in basi più o meno sotto il marchio Nato e L’Italia ospita sul proprio territorio questi ordigni in base agli accordi del cosiddetto “Nuclear Sharing”.
Ma soprattutto perché solo pochi giorni prima del voto alle Nazioni Unite anche il Parlamento Europeo aveva adottato una propria risoluzione su questo argomento: con 415 voti favorevoli (124 contro e 74 astensioni) era stato rivolto un “invito” a tutti gli stati membri dell’Unione europea a “partecipare in modo costruttivo” ai negoziati. In altre parole, anche il Parlamento europeo aveva votato per la messa al bando della proliferazione degli arsenali nucleari.
Un invito che pare non essere stato raccolto dall’Italia che si è schierata apertamente contro la Risoluzione L.41 e ha deciso di sostenere apertamente gli Stati Uniti e le altre potenze dotate di arsenali nucleari.
In molti hanno apprezzato l’esito della votazione alle NU. Lisa Clark, dell’associazione Beati i Costruttori di Pace organismo membro di Rete Disarmo, ha affermato: “Siamo davvero molto contenti del risultato dei due voti, quello all’ONU ma anche quello al Parlamento Europeo”. “È stato formato un fronte unito tra gli Stati che da sempre di impegnano per il disarmo e tutti quelli che finora hanno rispettato il loro impegno di non dotarsi di armi nucleari (impegno presente nel TNP) a condizione che le potenze nucleari smantellassero i propri arsenali” ha detto Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo. “Un risultato ottenuto poiché molti Paesi si sono stancati di non veder realizzata la parte dell’accordo in capo agli Stati nucleari”.
Ad oggi le armi nucleari rimangono le uniche armi di distruzione di massa non ancora fuori legge in modo globale e universale nonostante il pericolo che comportano per tutto il pianeta sia chiari e, purtroppo, dimostrato. “Dobbiamo prepararci un nuovo e lungo duplice lavoro. Da un lato portare avanti, a partire dall’anno prossimo, i lavori per il Trattato di messa al bando; dall’altro trasformare questo lavoro in un enorme movimento che entri dentro i meccanismi governativi delle potenze nucleari, facendo loro capire che quelle armi nei loro arsenali non sono il simbolo della loro potenza, ma solo la medaglia della vergogna che contraddistingue gli stati canaglia” ha detto Lisa Clark.
Un lavoro di cui possono andare fieri molti stati e i rispettivi governi. A cominciare dai 57 paesi co-sponsor (cioè primi firmatari) del testo proposto tra cui (Austria, Brasile, Irlanda, Messico, Nigeria e Sud Africa) che sono stati i primi ad assumersi il compito di redigere la Risoluzione. E tra loro l’Italia guidata dal governo Renzi, non c’è.
Forse sarà solo un caso. Può darsi che durante l’ultima visita del nuovo che avanza al vecchio presidente americano (ormai uscente) non se ne sia parlato neanche. Ma di sicuro è strano che un governo che ha deciso di cambiare il paese, abbia deciso di sottostare ai dictat degli USA e abbia pensato che fosse giusto continuare a tenere decine di testate nucleari sparse su tutto il territorio nazionale. E che lo abbia dimostrato in modo chiaro ed inequivocabile votando “no” alla messa al bando delle armi nucleari.