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De Benedetti “bacia” Berlusconi

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Carlo De Benedetti ama giocare da protagonista e sorprendere. Da giovane l’Ingegnere tentò una brillante e fulminea carriera a Torino nella Fiat di Gianni Agnelli, ma l’avventura fu breve. Poi riuscì a conquistare importanti aziende come l’Olivetti (informatica), la Perugina-Buitoni (pasta e dolci), l’Omnitel (telefonini), Sorgenia (energie rinnovabili); tuttavia queste imprese non finirono bene: le fabbriche o chiusero o furono vendute. Andò meglio, invece, nell’editoria: De Benedetti è riuscito a scalare l’impero Espresso-Repubblica (un importante settimanale, il secondo giornale italiano, una catena di quotidiani e di radio locali).

Adesso l’Ingegnere nuovamente spiazza tutti. Premette un ‘mea culpa’: l’entusiasmo acritico per la globalizzazione, da lui condiviso, ha creato una terribile deflazione economica rendendo “insopportabili” le ingiustizie sociali. Così adesso in tutto il mondo «è in gioco la sopravvivenza della democrazia» insidiata dai nazionalismi di destra e dai populismi dalle varie venature autoritarie.

Quindi il presidente del gruppo Espresso-Repubblica, a sorpresa, ipotizza un governo di grande coalizione tra il Pd di Matteo Renzi e Forza Italia di Silvio Berlusconi. L’Ingegnere, avversario storico del Cavaliere, spiega così al ‘Corriere della Sera’ il suo ‘dietrofront compagni’: comunque vada a dicembre il voto sul referendum costituzionale del governo “Renzi avrà bisogno” del presidente di Forza Italia e di Stefano Parisi, “incaricato” dal Cavaliere di riorganizzare e rilanciare il centrodestra.

Più precisamente il maggiore editore italiano (acquisirà anche ‘La Stampa’ e il ‘Secolo XIX’) ha azzardato: «Renzi e Parisi si accorderanno, ridimensionando la sinistra e restituendo Salvini alle valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza». Ha delineato, dunque un’alleanza tra Pd e Forza Italia, tagliando la Lega Nord e il M5S, quest’ultimo in fortissima ascesa e visto come una pericolosa incognita. Ha chiarito: l’intesa non è certo un «mio auspicio» ma «di sicuro per combattere i populismi appare inevitabile che al partito di Renzi si sommino una parte dei voti e dell’apparato del centrodestra». È un po’ la linea di sfondamento al centro, il cosiddetto Partito della nazione, da tempo teorizzata dal presidente del Consiglio e segretario del Pd, ma solo in parte realizzata e a costo di gravi emorragie a sinistra.

L’uscita dell’Ingegnere è clamorosa. De Benedetti, 81 anni, tra i maggiori rappresentanti dell’aristocrazia imprenditoriale italiana della Prima e della Seconda Repubblica, ha sempre sostenuto una linea opposta: una netta alternatività tra centrosinistra e centrodestra. Ha sempre attaccato a tutto campo il coetaneo Berlusconi, 80 anni, anche lui un imprenditore, prima proprietario della Fininvest e delle televisioni Mediaset e poi per anni presidente del Consiglio. De Benedetti, schierato a sinistra, ha sempre sostenuto il Pci-Pds-Ds-Pd mentre Berlusconi, dopo il crollo della Prima Repubblica, ha fondato Forza Italia, unificato e portato al governo il centrodestra.

Ora tutto è cambiato. Il bipolarismo tra centrosinistra e centrodestra, sul quale è stata fondata la Seconda Repubblica nel 1994, è crollato con l’affermazione del M5S nelle elezioni politiche del 2013. Prima Enrico Letta e poi Renzi sono divenuti presidenti del Consiglio grazie anche ai voti di una parte dei parlamentari eletti nelle file di Forza Italia e poi entrati in rotta di collisione con Berlusconi (il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, Ala di Denis Verdini). Renzi, sempre più debole e in difficoltà, ha accettato di modificare (dietro pressione delle opposizioni e delle sinistre del Pd) l’Italicum, la nuova legge elettorale maggioritaria approvata appena lo scorso anno dal Parlamento.

Così si potrebbero riaprire i giochi. Dopo il referendum potrebbe spalancarsi la porta a un nuovo governo di larghe intese, soprattutto se vincesse il “no” e Renzi fosse costretto a dimettersi da presidente del Consiglio. Un nuovo esecutivo, basato su un accordo Renzi-Parisi, potrebbe nascere per modificare l’Italicum e fronteggiare la delicata situazione economica, con una ripresa sempre più flebile. De Benedetti dal 2009 ha acquisito anche la cittadinanza svizzera e nel 2015 ha annunciato di aver trasferito la residenza civile e fiscale a Sankt Moritz, ma continua ad essere attentissimo alle vicende italiane tanto da ritenere inevitabile l’”abbraccio” tra Renzi e Berlusconi.

De Benedetti è sempre stato un centauro: ha un’anima per metà da imprenditore e per metà da politico. Per anni spronò il Pci ad una conversione liberaldemocratica, quindi sollecitò il Pds-Ds a realizzare radicali riforme per modernizzare l’Italia, infine spinse sui “giovani” Walter Veltroni e Francesco Rutelli per varare la fusione tra Ds e Margherita, dando vita nel 2007 al Pd. Ha parlato prima male e poi bene di Renzi. Lo scorso luglio, sempre al ‘Corriere della Sera’, annunciò l’arrivo di una nuova grave crisi economica mondiale, il fallimento delle èlites italiane (delle quali è un esponente di spicco e potente), e il suo ‘no’ al referendum costituzionale se non fosse cambiato l’Italicum.  Adesso è arrivata la previsione sulla nascita di un governo di larghe intese, il “bacio” al Cavaliere.

Fedele Confalonieri è stato il primo a delineare la nascita di un governo di grande coalizione con il Pd renziano. Il presidente di Mediaset, grande amico di Berlusconi, lo scorso giugno confidò a ‘Il Giornale’: «Il Cavaliere non la pensa così ma io sarei per qualcosa che somigli al Nazareno» (il patto sulla riforme istituzionali tra Renzi e Berlusconi durato un anno n.d.r.). Aveva aggiunto: «Per fronteggiare i grandi problemi che abbiamo ci vuole una base ampia» e Renzi al governo «in fondo non ha fatto male». Il riferimento è soprattutto all’anima liberista della riforma del mercato del lavoro, riuscita al presidente del Consiglio ma non al Cavaliere quando era al governo.


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