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Clinton-Trump, chi ha vinto il duello tv?  

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Lo scontro tra Hillary Clinton e Donald Trump, segna per fortuna un punto a favore della candidata democratica. Hanno parlato di tutto davanti ai teleschermi. Di tasse, di commercio, di crimini, di politica estera, delle tensioni razziali. In più di novanta minuti di dibattito, lei lo ha attaccato per il il suo “comportamento razzista” e lui l’ha definita ironicamente una “santerella”. Alla fine è emerso tra i due candidati un’immagine di un’America in potente, irriducibile contrasto: un Paese sulla strada di una inevitabile decadenza, per il candidato repubblicano; la nazione ancora capace di guidare il mondo, per la candidata democratica.

A una prima valutazione Clinton è apparsa più tranquilla e misurata. Trump ha evitato gli eccessi retorici del passato ma in certi momenti, per esempio sulla questione delle tasse e del certificato di nascita di Barack Obama è apparso in serie difficoltà. Il dibattito, il primo dei tre previsti, organizzato alla Hofstra University di Long Island (New York) è stato acceso fin dall’inizio con Donald Trump che più volte ha cercato di interrompere Clinton (alla fine il repubblicano ha parlato 46 minuti contro i 41 di Clinton). Uno dei momenti più infuocati è stato quando la democratica ha attaccato il rivale per la scelta di non rendere pubblica la dichiarazione delle tasse. “Nasconde qualcosa”, ha detto Clinton, alludendo al fatto che “magari Trump (che l’avversaria ha chiamato sempre Donald mentre questi la chiamava “segretaria” per alludere alla sua partecipazione al governo di Obama nella prima fase) ha detto la Clinton alludendo al fatto che “magari Trump non è così ricco come ci vuole far credere” e potrebbe celare la provenienza illecita di ingenti finanziamenti internazionali e tasse non pagate al  governo federale. La questione delle tasse è poi tornata quando Trump ha accusato i democratici di aver dissipato il denaro che ora manca all’erario. “Magari è perché tu non hai pagato le tasse” gli ha risposto Clinton. Trump ha cercato di ribaltare sull’avversaria l’accusa di scarsa trasparenza:”Renderò pubblica la mia dichiarazione delle tasse quando lei produrrà le 30mila email che sono state cancellate dal suo server privato”usato quando era segretario di Stato.” Clinton ha risposto: “Se dovessi trovarmi ancora in quella situazione,ovviamente mi comporterei in modo differente”.

Trump ha cercato di dipingere Clinton come la “politica tipica”, espressione di un establishment incompetente e inefficace che dalla capitale ha perduto il contatto con la “vera America”. “C’è bisogno di un cambiamento veloce che solo io saprò produrre” ha detto. Secondo un sondaggio immediato della CNN, il 62% dei circa 100 milioni di spettatori ha spento la Tv pensando che lei abbia vinto contro il 27 % che ha preferito Trump. Ma secondo un rilevamento successivo di TIME, il 59% ha apprezzato Trump e il 41% Clinton. E questo dimostra come è facile sbagliare gli indicatori decisivi. Altri momenti particolarmente accesi del dibattito sono stati quelli legati alle tensioni etniche e più in generale al tema della race.  Alla domanda del moderatore Lester Holt, Trump ha dovuto difendersi dall’accusa di avere per anni alimentato la teoria che Barack Obama non sia effettivamente nato negli Stati Uniti e che quindi non sia legittimato ad esserne il presidente).

Trump ha risposto di aver detto che, e una volta per tutte, che Obama è nato negli Stati Uniti  e ha addossato su Clinton l’accusa di aver per prima sollevato quel sospetto. “I suoi collaboratori nella campagna del 2008 attaccavano Obama sulla questione della nascita.” E’ stato questo uno dei momenti più difficili per il candidato repubblicano. Clinton che punta a compattare gran parte del voto afroamericano e che, nel 2008 e nel 2012 ha sostenuto Obama, ha infatti avuto buon gioco a definire “razzista” la questione del certificato. L’accusa è ritornata quando la democratica ha ricordato che negli anni Settanta gli afroamericani non potevano vivere nei condomini costruiti dai Trump. Il tema delle tensioni razziali anche sul tema dello “stop and frisk”-la pratica di fermare e perquisire eventuali sospetti che ha colpito in maniera sproporzionato i neri.Trump ne ha proposto la reintroduzione e Clinton ha definito la pratica come “anit-costituzionale” ribadendo la necessità di ascolto di tanti giovani neri e dichiarandosi pronta a una riforma del sistema giuridico.” Trump ha messo in difficoltà la Clinton sulla questione dei trattati di commercio.

Ha ricordato che da segretario di Stato, ha appoggiato la Trans Pacific Partnership che ora invece rigetta. L’accusa è servita a ribadire uno dei cavalli di battaglia di questa campagna elettorale del repubblicano: la perdita di milioni di posti di lavoro, portati all’estero dalle imprese e le difficoltà della classe media, la necessità di investimenti nelle infrastrutture un aumento dei minimi salari federali e il rispetto dell’uguaglianza salariale per le donne. Nell’insieme Clinton è apparsa più a suo agio quando si sono affrontati i temi internazionali. Ha fatto notare che Trump “non conosce gli elementi basi del nostro ritiro dall’Iraq” ed ha rivendicato l’accordo  sul nucleare iraniano”. Quando sono diventata segretario di Stato, l’Iran era a un passo dall’avere la bomba atomica. Oggi abbiamo un accesso importante alla produzione del nucleare iraniano.” La candidata democratica anche attaccato l’avversario per aver chiesto al governo russo di “hacherare il server del partito democratico” per aver definito i cambiamenti climatici come “un’invenzione cinese”   e per non avere una vera strategia diplomatica riguardo alle armi nucleari ma soltanto “una serie di sparate e di misure incoerenti che potrebbero risultare pericolose per chi ha il dito sul bottone nucleare”. Alla rivendicazione di essere la candidata “con più esperienza”, Trump le ha risposto :”ma con una cattiva esperienza”.


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