Gli hanno sparato a bruciapelo. Tre colpi, uno alla testa e gli altri al petto. Il suo assassino voleva essere certo che la sua missione di morte non fallisse. E’ morto così, poche ore fa, lo scrittore Nahed Hattar, 56 anni, ucciso davanti al tribunale di Amman, in Giordania.
Nei mesi scorsi era stato accusato di vilipendio della religione, razzismo e settarismo e si stava recando al Palazzo di Giustizia dove era iniziato il processo per i reati che gli erano stati contestati dopo che aveva pubblicato sui social media una vignetta considerata offensiva per il mondo islamico.
A darne per prima notizia l’agenzia di stampa giordana ‘Petra’ secondo cui il killer, un 49enne vestito con un thobe e con una lunga barba, è stato arrestato.
Hattar era finito in carcere il 12 agosto, poi liberato su cauzione, per l’immagine caricaturale di un uomo barbuto in Paradiso (un esponente dello Stato islamico morto durante un raid americano in Siria) che fumava a letto con delle donne accanto mentre chiedeva a Dio di portargli del vino.
Molti conservatori giordani musulmani avevano ritenuto la vignetta blasfema e contro la loro religione. Ed è scattata la denuncia. Le autorità hanno dichiarato che Nahed aveva violato la legge condividendo quella caricatura pur non essendone l’autore.
Hattar aveva detto di non aver voluto insultare l’Islam postando l’immagine su Facebook, ma solo di voler criticare la visione del paradiso dei membri dello Stato Islamico: il disegno era intitolato “Il dio dell’ISIS”.
In un secondo post sul suo spazio social aveva poi scritto che come non credente rispettava il fatto che alcuni «musulmani non capissero l’intento satirico della vignetta».
Articolo 21 condanna questo scellerato crimine. La nostra non è solo indignazione nei confronti di una vicenda che tocca la categoria degli intellettuali e dei giornalisti. Dobbiamo agire perché questa vicenda coinvolge tutti coloro che credono e difendono il principio della libertà di espressione.
Quello dell’uccisione di Hattar, ‘colpevole’ di aver condiviso una vignetta che metteva in ridicolo i jihadisti dell’Isis e la loro idea dell’Islam, è solo l’ultimo episodio della recrudescenza contro chi decide di manifestare il proprio pensiero e si prodiga per un’informazione senza censure.
Giornalista, scrittore e attivista, Nahed Hattar è stato colpito anche perché era cristiano.
Per lui, per tutti i colleghi caduti per mano di estremisti che vogliono impedire l’azione di chi continua a scrivere e denunciare a schiena dritta, continueremo a portare avanti la nostra campagna per il #nobavaglio, in Giordania, come in Siria e Turchia, e in ogni luogo in cui la libertà di espressione e di informazione è impedita.