Quando si ragiona sulle qualità di una persona come il Presidente Ciampi, sull’eredità morale che ci ha trasmesso è sempre opportuno valutare il suo vissuto su cose che all’apparenza possono sembrare piccole ma che, invece, hanno grande significato.
Sulle grandi cose in questi giorni assisteremo ad un festival di dichiarazioni, ricordi, aneddoti, a volte ipocriti come quando ci capita di sentire il giudizio di Tremonti e Berlusconi che oggi esaltano il senso dello Stato di Ciampi Governatore, Presidente del Consiglio ed infine Presidente della Repubblica mentre quando erano al Governo furono tra i suoi più accaniti detrattori.
Sulle vicende più intime, dove ognuno di noi deve rispondere principalmente alla sua coscienza, ai valori che condivide e cerca di affermare, Ciampi ci lascia une eredità forte che trascende la sua scomparsa e riafferma una qualità di vita che va oltre la morte, ce lo fa sentire presente, ci fa anche sorridere invece di rinchiuderci nel dolore.
Come non rimarcare oggi, con una società allo sbando sempre più ribelle e populista, la sobrietà di chi ha ricoperto i massimi incarichi politici e istituzionali e rinuncia a ridondanti funerali di Stato per far celebrare nel privato, nell’intimità dei suoi familiari, dei suoi amici più stretti una cerimonia che affronta un passaggio ineludibile della vita.
Come non ricordare il valore della sua scelta di partecipare dopo l’8 settembre alla Resistenza per liberare l’Italia dal fascismo e dall’occupazione nazista.
Come non ricordare la sobrietà di un Governatore che avrebbe avuto titolo ad abitare in prestigiosi appartamenti di rappresentanza, e sceglie di abitare nella sua casa ridimensionando così l’antipolitica, anticipando una risposta al fastidio di un popolo che vede solo non dovuti privilegi in quelli riconosciuti a chi ricopre incarichi di alta responsabilità e istituzionali.
Come non ricordare ancora qui il senso dello Stato, in sintonia col comune sentire del popolo, rispettoso dell’ampia (e purtroppo acritica e superficiale) spinta di quasi tutti i partiti e dello stesso Parlamento quando, proprio per questo, lo portarono a decidere – in un particolare contesto economico, politico e morale – di controfirmare, dopo aver rimandato alle Camere altre leggi, il “Porcellum”.
Come non valorizzare il fatto che Ciampi, azionista e di scuola liberale, si apriva al confronto e chiedeva la collaborazione di economisti della “Scuola abruzzese” e di altri tradizionalmente di sinistra per analizzare e proporre le scelte di politica monetaria ed economica utili al Paese.
Tutte queste vicende ed altre testimoniano la sua determinazione e lotta per far uscire il Paese da pericolose crisi sociali, morali, politiche ed economiche – come l’adesione all’euro e all’Europa che oggi dovrebbe essere storicizzata e resa utile e coerente ad un altro contesto – rappresentano una eredità per farci riflettere, per ridare valore alla politica che, quando è nobile e pulita come quella di Ciampi, può avviare il Paese a fare quelle riforme vere, e non utili solo a convenienze elettoralistiche, verso un percorso dove diritti siano legati ai doveri e la giustizia sociale non sia solo propaganda.