Di Alessandro Cardulli
La coincidenza è casuale ma consente di mettere in luce due volti della stessa medaglia. Quello di chi ci governa, che vive alla giornata, imbroglia sui numeri che segnano la situazione economica, nega l’evidenza della crisi, della crescita zero, bara sui numeri relativi alla forza lavoro. Con un più zero e qualche decimale il premier e i ministri gonfiano il petto. E quello di un grande sindacato, come la Cgil, che tiene insieme gli interessi dei lavoratori e quelli del Paese. Che tiene ben saldi i piedi nella sua storia, ha l’abitudine di non rottamare il passato, cita ancora Giuseppe Di Vittorio, richiama il “suo” Piano del Lavoro ed elabora progetti, produce cultura economica. Questa storia si arricchisce di una iniziativa di grande importanza, che siamo certi, non richiamerà grande attenzione da parte dei media abituati ai retroscena, incapaci loro stessi di produrre cultura politica, economica, conoscenza. Ci riferiamo alla presentazione del “Piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile”, con particolare riferimento alle zone economicamente più disastrate, il Mezzogiorno.
Da una parte, nella sede della Cgil, si sono ritrovati a confrontarsi sul progetto presentato dal segretario confederale Cgil, Danilo Barbi, Gaetano Sateriale che ha coordinato il Piano del lavoro Cgil, Roberto Artoni, professore di Economia all’Università Bocconi di Milano; Maurizio Franzini, professore di Economia all’Università Sapienza di Roma; Laura Pennacchi, coordinatrice del Forum economia della Cgil; Riccardo Realfonzo, professore di Economia all’Università del Sannio. Le conclusioni sono state tratte dal segretario generale della Cgil Susanna Camusso di cui diamo il resoconto in altro articolo insieme alla presentazione di Barbi
L’altro volto della medaglia. Penose esibizioni di Renzi e Padoan. Ossessione referendum
In altre sedi, Renzi e Padoan si sono resi protagonisti di penose esibizioni. Loro hanno solo a cuore il referendum. Il premier ovunque si trovi, in genere in luoghi chiusi, ospite di imprenditori, di Confindustria, trova il modo di parlare del referendum. Una fissa ormai che lo perseguiterà fino al momento del voto, quando avrà la bontà di deciderne la data. Ha contagiato anche il ministro, il quale è intervenuto all’Euromoney Conference annunciando che “l’economia italiana sta crescendo non così velocemente come vorremmo. Le previsioni di crescita saranno riviste al ribasso anche nei dati che il Governo rilascerà ad ottobre”. Già che c’era ha invitato a considerare l’impatto economico del referendum: “La riforma costituzionale – ha detto – migliorerà grandemente come la macchina legislativa funziona e questa è per me la migliore ragione per votare sì al referendum”. Se la riforma non sarà approvata, ha concluso, “perderemo un’opportunità”. Le parole del ministro sono state subito oggetto di polemica e Renzi Matteo è intervenuto in sua difesa. Si trovava a Milano, alla inaugurazione, con tanto di prima pietra, della nuova sede del gruppo Siemens. “Noi diciamo che vorremmo fare di più, non ci nascondiamo. Con la stessa forza diciamo che questo paese ha messo una marcia in più su innovazione, banda larga, ricerca e robotica. Dopo anni di dubbi ora si può dire che vi è la certezza di poter fare investimenti in questo paese”. Ai giornalisti ha riservato il solito predicozzo sul referendum. Ci mancava che ringraziasse l’ambasciatore americano , anch’ egli fan del sì e il piatto era servito. Immagini e parole penose.
Un’altra politica è possibile. L’Italia può tornare a crescere.
Torniamo alla Cgil. Ascoltare Danilo Barbi sembra di vivere in un altro mondo. Ti viene detto che un’altra politica è possibile. Parlano i numeri, provano che “Italia può tornare a crescere – afferma il segretario confederale – che propone una terapia shock per ridurre la disoccupazione, in particolare giovanile e femminile, sia attraverso la promozione di nuova domanda, ovvero aumento di occupazione, salari, consumi e investimenti, sia dell’offerta, con nuovi settori di attività economica e nuove professionalità”. Due le direttrici da seguire, indicate dal segretario confederale, la prima i bisogni sociali e di manutenzione del territorio largamente insoddisfatti, la seconda l’innovazione industriale e il rilancio della ricerca.
L’obiettivo è la creazione diretta di 600 mila posti di lavoro, con investimenti pubblici in tre anni di 30 miliardi, 10 ogni anno. Si tratta di 520.000 posti pubblici e 80.000 privati con un incremento degli occupati di circa 1.368.000 unità. Il tasso di disoccupazione scenderebbe al 4,8% e il Pil reale salirebbe a 5,7%, gli investimenti pubblici e privati salirebbero del 19%. Barbi insiste sulla politica espansiva. “Solo così si possono generare quelle condizioni di ottimismo e certezza per far ripartire i consumi e gli investimenti”. Ma non è un libro dei sogni verrebbe da chiedergli. Ti previene: “Per la CGIL gli obiettivi del piano sono obiettivi plausibili, raggiungibili in breve tempo e soprattutto finanziabili, infatti il sindacato individua diverse possibilità di finanziamento, ad esempio: 260 miliardi all’anno per 10 anni si potrebbero ottenere, così come proposto anche dalla Ces, da un cambiamento del Patto di Stabilità; 20 miliardi all’anno con l’introduzione di un’imposta sulle grandi ricchezze di tipo progressivo; dai 30 ai 40 miliardi all’anno attraverso la riduzione strutturale dell’evasione”. Il Paese ”non può più aspettare. Nove anni ininterrotti di crisi strutturale hanno cancellato 1,6 milioni di posti di lavoro, e le persone in condizione di povertà assoluta sono aumentate di oltre due milioni”.
Barbi tira la giacca al governo. “Renzi – dice – polemizza contro una generica austerità. Ma le scelte del suo governo sono del tutto interne e coerenti con la cosidetta austerità flessibile”. Prosegue: “Non ci dica il governo che sono proposte impossibili. Nella storia le ‘proposte impossibili’ hanno sempre funzionato. Se volessimo andare lontano si potrebbe utilizzare il New Deal di Roosevelt o il Piano Beveridge inglese. Stando in tempi più recenti, si potrebbe citare la legge 285 del 1978, che creò in Italia 840 mila posti di lavoro giovanili in tre anni”.
Camusso: poniamo il grande tema di quale modello di sviluppo perseguire
Susanna Camusso a conclusione sottolinea che il Piano della Cgil propone una “rottura culturale”. “Ci sentiamo dire quotidianamente dal governo che l’occupazione non è elemento della manovra economica. Non siamo d’accordo: aumentare l’occupazione, soprattutto per giovani e donne, è un fattore fondamentale di crescita e va detto con chiarezza”. Il “Piano del lavoro straordinario” non è congiunturale, ma vuole legare la crisi di oggi guardando alla situazione italiana di lungo periodo. Nei nostri anni alcuni temi sono tornati nel dibattito economico: “Si torna a parlare del ruolo pubblico in economia, ancora poco in Italia, ma il mondo intorno a noi ne discute. Anche il tema delle diseguaglianze è di nuovo centrale: affrontarle non è un esercizio di buonismo sociale, ma pone il grande tema di quale modello di sviluppo vogliamo perseguire”. Per ottenere “sviluppo non basta distribuire risorse alle imprese che da sole costruiscono un loro modello”. Sul tema delle risorse: “I fondi previsti nel nostro Piano già ci sono, ma finora sono stati impegnati su versanti completamente differenti che non hanno portato risultati”.