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Criminalità organizzata nella CSI e le presenze in Italia

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Di Piero Innocenti

Il crimine nell’Europa orientale, finché é stato solido il socialismo reale, non aveva mai assunto – almeno ufficialmente – la qualità di “organizzato”, perché i vari regimi comunisti si erano sempre vantati di aver svolto un’efficace azione di prevenzione e di repressione. In realtà, magari in forme di dimensioni (non sappiamo) più modeste, gruppi criminali già esistevano e prosperavano controllando il mercato nero, parallelo a quello ufficiale, che è stato pur sempre presente.
Un fenomeno, questo, che si è andato via via intensificando a partire delle riforme di Gorbaciov, fino a travolgere le strutture stesse dell’economia e dello Stato socialista. Alcuni studiosi sostengono però che la mafia dell’Est è nata propriamente negli anni Ottanta, sempre grazie all’”economia ombra” che si era sviluppata in contrapposizione a quella ufficiale della perestrojka. Assicuratosi solide basi finanziarie, il crimine organizzato iniziò a penetrare nelle strutture dell’economia ufficiale attraverso investimenti nell’ambito (cui aveva dato il via Gorbaciov nel 1988) delle cooperative o in joint-ventures. Del resto, in questi paesi è mancata quasi completamente la preparazione (gli strumenti culturali), oltre che le strutture, necessarie ad affrontare correttamente, per esempio, il dilagare degli stupefacenti, sia a livello preventivo (inadeguatezza delle autorità sanitarie e scolastiche, del mondo dell’informazione), sia sul terreno della repressione (legislazione carente, organi di polizia insufficienti o non attrezzati con risorse adeguate). Di conseguenza, il territorio dell’ex Unione Sovietica è diventato con il passar degli anni una nuova frontiera per le mafie internazionali.
Le nuove rotte della droga (e dei narcodollari da riciclare) lo hanno attraversato sistematicamente, collegando le zone asiatiche di produzione con i mercati europei e nordamericani. Molti suoi abitanti, così, sono rimasti coinvolti nel lucroso traffico, nella produzione, nel consumo (nella sola Russia, fonti giornalistiche parlano di dieci milioni di consumatori abituali e di oltre venti milioni di consumatori occasionali). Man mano che la politica e l’economia del colosso si andavano rivoluzionando in senso liberistico, generando sempre più profondi squilibri sociali (con differenze tra ricchi e poveri a livelli da terzo mondo), le organizzazioni criminali si rafforzavano, cercando di condizionare il potere politico.
Il passaggio all’economia di mercato, avvenuto senza regole e senza possibilità di controllo, ha di fatto aperto a gruppi di malviventi senza scrupoli, ma con grandi capitali, la possibilità di dominare i settori dell’economia e della finanza, nonché, per altri versi, quello della politica. La vastità dei territori, la loro effervescenza politica, la varietà delle culture, delle etnie, il numero dei gruppi criminali attivi hanno determinato un pluralismo variegato anche dei modelli organizzativi operanti al loro interno. Accanto alle associazioni coordinate dai vory v zakone (più o meno “ladri maestri o “laureati”) considerati espressione delle alte gerarchie criminali troviamo le organizzazioni a carattere etnico come i ceceni, i daghestani, i tartari, gli azerbaigiani, gli ucraini, i georgiani. E proprio questi ultimi due gruppi, insieme ai moldavi e ai russi, sono quelli che sul nostro territorio nazionale sono risultati più presenti e “..meglio organizzati”. È la stessa Direzione Investigativa Antimafia a ricordarlo nella sua relazione al Parlamento presentata a luglio scorso, sui risultati conseguiti e le attività svolte nel secondo semestre del 2015. Fanno parte di quella “galassia dei Paesi dell’ex Unione Sovietica”  che si muovono su due direttrici ben precise: “..da un lato a forme delittuose altamente remunerative  come il traffico di stupefacenti e di armi, lo sfruttamento della prostituzione e il contrabbando; dall’altro hanno notevolmente affinato la capacità di riciclare il denaro di provenienza illecita, infiltrandosi nel tessuto imprenditoriale ed economico nazionale, specialmente della Toscana, della Lombardia e del Lazio”. I georgiani, in particolare, che nel loro paese sono specializzati in rapimenti e furti con scasso, in Italia (e in altri paesi europei tra cui Francia, Grecia, Spagna) hanno conseguito il “master” in rapine utilizzando vere tecniche militari.
Uno scenario criminale, dunque, da non sottovalutare in un contesto nazionale già fortemente demoralizzante per la presenza delle mafie nostrane.

Da liberainformazione


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