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Non sono pentito di #jesuischarlie

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La vignetta di Charlie sul terremoto non ci è piaciuta. Dal momento che la libertà di satira, almeno per noi, è un valore“non negoziabile”, lo deve essere anche la libertà di critica e di dissenso nei confronti di chiunque. Per altro, in altre occasioni non ci sono piaciute neppure le loro vignette sui temi del razzismo, della islamofobia, del post strage di Nizza.
Proprio perché non siamo mai stati tra gli “adoratori” di Charlie, facciamo oggi fatica a comprendere modi e forme delle polemiche di queste ore. La satira di Charlie è questa da sempre, sono spietati persino con se stessi e non hanno esitato a prendersi per i fondelli anche dopo la strage in redazione.

Naturalmente si può dissentire, non comprare il giornale, manifestare indignazione dentro e fuori la rete, e dal momento che esistono leggi sulla diffamazione si può persino rivolgersi ad un tribunale, ma nulla e nessuno possono invocare il diritto alla censura o all’autocensura.
In queste ore si sono sentite più invettive contro la vignetta che non contro chi ha messo “molta sabbia e poco cemento” per usare l’espressione di Raffaele Cantone, presidente dell’autorità contro la corruzione.

L’Ambasciata di Francia ci ha fatto sapere che quella vignetta non rappresenta la posizione del paese, e chi lo avrebbe mai potuto pensare? Cosa c’azzecca la Repubblica francese con le matite di Charlie? Chi è perché ha voluto dare una veste istituzionale a questa vicenda?
Ancora più incomprensibile la posizione di chi ha voluto farci sapere che si è pentito di aver detto e scritto #jesuischarlie e di aver solidarizzato con quella redazione dopo l’assalto dei fondamentalisti assassini. A noi, lo ripetiamo, negli anni, non sono piaciuti alcuni dei loro disegni e delle loro scelte editoriali, ma non siamo affatto pentiti di aver solidarizzato, di aver promosso iniziative a loro sostegno, di aver partecipato, come Federazione della stampa e come articolo 21, alla grande marcia di Parigi per la difesa della libertà di informazione e di satira.

Per questo, nel rivendicare il diritto a criticare la vignetta dedicata al terremoto, rivendichiamo anche il diritto a continuare a difendere quei valori, anche e soprattutto quando il farlo può rivelarsi scomodo ed impopolare.

Fonte: “Il Fatto Quotidiano”


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