Il commissario dell’Unione Europea, Avramopolus, per l’emigrazione lo ha detto con chiarezza: “Se L’Italia presentasse un Piano nazionale sull’emigrazione e lo presentasse alla Commissione, sarebbe ben accetto e i soldi ci sono.”
Per Bruxelles l’unico problema è il ricatto della Turchia. Se Erdogan spingerà i tre milioni di siriani in Grecia, il finanziamento
si sposterà da Ankara ad Atene. Ma l’ipotesi è improbabile perché i sei miliardi di euro dell’accordo fanno gola al presidente turco e perché i siriani non hanno nessuna voglia di rimettersi per strada verso le tende di Idomeni, Salonnico e il Pireo. Da marzo hanno ottenuto il permesso di lavoro e l’integrazione in Turchia è meno difficile che in altri paesi del Mediterraneo.
E se la Grecia non sarà in grado di far fronte a un inevitabile disastro umanitario, gli immigranti arriveranno in Italia che è un paese impossibile da blindare. Infatti gli sbarchi negli ultimi tempi in Italia sono cresciuti, dall’Africa subsahariana ma anche dalla Siria, dall’Iraq, dal Pakistan, dalla Palestina, 2392 sono di nazionalità sconosciuta e 13.000 sono minori non accompagnati.
Se guardiamo i dati ufficiali sui profughi a livello mondiale nell’attuale disordine, scopriamo che ci sono 3 milioni e mezzo in fuga dall’Iraq, 2 milioni e mezzo dall’Afghanistan, 262 mila dal Pakistan, 1 milione dalla Somalia,750 mila dal Sudan, 450 mila dalla Repubblica Centroafricana, 450 mila sfollati dalla Libia,
435mila dal Congo, 5mila al mese dall’Eritrea. Dove andranno nessuno lo sa ma è probabile che almeno una parte vada in Europa e noi siamo i più esposti.
Noi abbiamo 3mila centri di accoglienza temporanei (CAS), 13 centri del governo (Cara), 430 centri Sprar. Oggi ospitiamo 144mila emigranti. Il sistema ci è costato nel 2015 un miliardo e cento milioni di euro ma non c’è trasparenza sugli affidamenti, sui finanziamenti, sul rispetto degli standard di erogazione dei servizi erogati da convenzioni e capitolati di appalto.
Gran parte sono centri straordinari gestiti come emergenza dalle prefetture che non fanno né formazione né integrazione. Che l’immigrazione sia un grande affare è ormai un fatto accertato.
E continua a non essere una priorità per il nostro governo.
Il Commissario Avromopoulos ha aggiunto: “Per quel che riguarda, la rilocazione di chi è stato identificato come avente diritto alla protezione internazionale, non ci sono scuse anche se ci sono resistenze, le decisioni sono vincolanti”. Quindi perché non provare a percorrere questa strada?
Questo è lo scenario che ci attende almeno per i prossimi dieci anni e se c’è la volontà di arricchirlo invece che impoverirlo si può andare in questa direzione con l’aiuto dell’UE e delle Nazioni Unite.