L’Ordine dei giornalisti di Sicilia ha deciso di pubblicare in un libro “Quando avevamo la guerra in casa” per conto di Mohicani Edizioni, la cronaca dei bombardamenti avvenuti in Sicilia durante la Seconda Guerra Mondiale scritti da un giovanissimo e talentuoso Mario Francese.
Il giornalista assassinato da un commando mafioso per volere di Cosa Nostra nel 1979 raccontò in un appassionante reportage quello che la sua gente visse durante il periodo bellico. Mauro era poco più che un ragazzino e anche lui scappava insieme agli altri dalle bombe che nel 1943 distrussero alcune città siciliane. Il cronista tuttavia non perse mai la capacità di cogliere la disperazione e la paura negli occhi della gente riportandola minuziosamente su un edizione straordinaria del “Giornale di Sicilia” pubblicata nel 1960 in occasione dei cent’anni di vita del quotidiano.
Il volume è impreziosito dall’introduzione di Riccardo Arena, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, che così esordisce: “Mario Francese era cronista dell’anima e i cronisti non sono creature di questo mondo, non sono persone normali che vivono con i ritmi e le abitudini della gente comune. I cronisti vivono sulla notizia e per la notizia. Certe volte ci muoiono pure. Francese purtroppo è stato un tragico esempio e una conferma del fatto che per il mestiere più bello, quello del giornalista, si può essere uccisi anche in posti in cui non c’è una guerra aperta, dichiarata, “ufficiale”. Quando però la guerra “vera” c’è, solo il cronista può avere la capacità, la precisione e anche l’entusiasmo per raccontarla”.
A seguire vi è la prefazione di Franco Nicastro, Consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che si sofferma fra i tanti aspetti sulle straordinarie qualità di Mario Francese che ha vergato pagine dotate di “una massiccia dose di umanità”. L’intervento si conclude con il paragone che Nicastro fa tra gli sfollati di quel fatidico 1943 a quelli dei nostri giorni, di coloro che fuggono dalla guerra, gli stessi che “ vengono a bussare alle nostre coscienze”. Ci vorrebbe oggi lo sguardo lucido e attento di Mario Francese per contrastare quella stampa che invece sembra fomentare l’odio razziale e la xenofobia. Il libro appare come un dono da accogliere e preservare in un’epoca come la nostra in cui i valori sembrano disintegrarsi insieme alla memoria.
Il saggio conclusivo di Mario Genco, firma storica del quotidiano L’ora di Palermo e del Giornale di Sicilia, completa il testo che presenta il talento e il coraggio di Mario Francese che dopo aver saputo raccontare come pochi la Grande Guerra decide con la stessa fermezza e razionalità di descrivere un’altra guerra, decisamente più subdola, quella di mafia.
Dalle pagine lette in “Quando avevamo la guerra in casa” sembra quasi di rivedere quel ragazzino che da Siracusa si trasferisce dagli zii a Palermo per completare gli studi al ginnasio per poi iscriversi all’università e che qui si ritrova coinvolto nel terribile conflitto. Sfuggito alle bombe Mauro Francese rientra nella sua città dove ritrova la sua casa distrutta e non gli resta che unirsi agli sfollati. Qui però avrà modo di riabbracciare il suo caro amico, compagno di scuola Concetto Lo Bello. L’incubo terminerà con lo sbarco degli Alleati.
Il libro consente di conoscere più da vicino un uomo che ha fatto del proprio mestiere una missione sfidando non solo la morte ma anche l’oblio e l’indifferenza. Con la sua profonda umanità Mario Francese ha lasciato in eredità ciò che mantiene in vita la professione del giornalismo ed è la curiosità, il desiderio di comprendere e diffondere la verità. Abbiamo bisogno ora più che mai di modelli da emulare per non smarrire il senso di un lavoro fin troppo bistrattato e denigrato.