L’inchiesta Panama Papers svela 1.400 società utilizzate per spogliare le risorse naturali dell’Africa. Ecco come i soldi sottratti alle popolazioni finiscono nei paradisi fiscali. Tra corruzioni, guerre, colpi di stato e riciclaggio di denaro sporco.
di Paolo Biondani, Mauro Munafò, Marco Pratellesi e Leo Sisti
Ecco i nuovi Panama Papers: l’Africa saccheggiata dalle offshore dei potenti. Tre mesi dopo aver svelato migliaia di società anonime utilizzate dai ricchi del mondo per spostare profitti e patrimoni nei paradisi fiscali a tassazione bassissima o nulla, una nuova inchiesta internazionale dei giornalisti associati al consorzio Icij mette a nudo gli affari segreti di politici, militari, dirigenti statali, manager e imprenditori che si spartiscono le enormi risorse naturali del Continente nero.
Attraverso l’analisi dei documenti riservati dell’archivio di Mossack Fonseca, lo studio legale con base a Panama specializzato nella creazione di anonime società-schermo per migliaia di clienti di tutto il pianeta, i giornalisti aderenti all’International Consortium of Investigative Journalists, di cui fa parte l’Espresso in esclusiva per l’Italia, hanno identificato oltre 1.400 offshore collegate direttamente alle ricchezze dell’Africa.
Panama Papers, la Nigeria e i tesori nascosti del playboy miliardario
Lo studio Mossack Fonseca ha lavorato per tre ex ministri nigeriani del petrolio, che hanno usato le società offshore per comprare imbarcazioni e ville a Londra. Secondo Oxfam, il 12 per cento del Pil del Paese viene perduto in flussi finanziari illeciti
Sono società che permettono ai titolari di sfruttare materie prime e risorse naturali in ben 44 dei 54 Stati africani: soprattutto petrolio, gas, oro, diamanti e altri metalli preziosi. Attraverso le offshore, i profitti vengono sottratti alle popolazioni locali e dirottati in lontani paradisi fiscali come British Virgin Islands, Seychelles o Dubai. Il regime legale di segretezza che caratterizza queste società- cassaforte aveva finora garantito il più assoluto anonimato ai ricchissimi proprietari delle 1.400 offshore, utilizzate anche per nascondere l’identità dei protagonisti di colossali casi di corruzione e riciclaggi di denaro sporco. Alcuni di questi affari africani sono al centro anche di indagini giudiziarie avviate dalle autorità africane o da magistrati di altri Paesi come Stati Uniti, Svizzera, Gran Bretagna e Italia.
PanamAfrica è il nome in codice di questa nuova inchiesta giornalistica, che parte sempre dall’archivio delle società registrate fino al 2015 dallo studio Mossack Fonseca: oltre 120 mila offshore costituite dai professionisti di Panama ma collocate anche in molti altri paradisi fiscali. Dopo gli articoli pubblicati nel maggio e aprile scorsi sulle società-cassaforte utilizzate per finalità di evasione o elusione fiscale, PanamAfrica ora spiega come le offshore vengono utilizzate per spogliare il Continente nero delle sue ricchissime risorse, mentre milioni di uomini, donne e bambini africani sono costretti a vivere in condizioni disumane, tra fame, miseria, disastri ambientali, terrorismo e guerre spesso collegate a inconfessabili moventi economici.
Gli articoli pubblicati a partire da oggi sul sito de l’Espresso documentano i primi risultati di questa nuova inchiesta giornalistica internazionale. Ci sono le offshore segrete dei faccendieri che hanno ottenuto da ministri corrotti le licenze per sfruttare i giacimenti di gas e petrolio in Algeria o le miniere della Repubblica Democratica del Congo. C’è l a storia del playboy, amico di molte stelle del cinema e della musica, che è diventato miliardario con il petrolio in Nigeria , dove ora è sotto accusa per una rovinosa bancarotta da 1.800 milioni di dollari. Ci sono i retroscena economici dei grandi safari : ogni anno milioni di turisti visitano le savane nella convinzione di beneficiare la popolazione locale, mentre i profitti vengono in realtà dirottati all’estero in anonimi forzieri offshore. E c’è la vera storia dei diamanti insanguinati della Sierra Leone .
All’inchiesta PanamAfrica hanno partecipato oltre quaranta giornalisti di testate europee e africane appartenenti a venti nazioni diverse.