Il conto a 5 stelle, cioè caro, salato

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Prima o poi il conto arriva, sempre. E’ solo l’inizio ma il franchising della politica ripaga così. Il movimento No Tav contesta la sindaca di Torino Chiara Appendino che si è limitata a dire – riferendosi agli ultimi assalti al cantiere di Chiomonte – che gli atti di violenza non sono mai tollerabili esprimendo solidarietà e vicinanza alle Forze dell’Ordine impegnate nel contrasto a queste azioni.

Lasciamo perdere la querelle sulla Tav, opera ferroviaria internazionale che ha avuto la malaugurata idea di passare anche per l’Italia senza calcolare la nostra usuale diffidenza verso ogni miglioramento tecnologico e strutturale, soffermiamoci un attimo sul metodo che la nuova politica utilizza per convogliare (termine casuale) il consenso. Eravamo abituati a partiti che iniziavano con idee, a volte nemmeno tanto popolari, le rafforzavano con tesi, le diffondevano con progressività “in casa” per poi uscire all’esterno facendone campagna elettorale alla ricerca del consenso. Molte di queste idee e tesi nascevano, è vero, da una raccolta di sensibilità comuni, ma alla fine tutto doveva passare al vaglio di compatibilità generali e diventare una “linea politica” sulla quale camminare. Nei sogni di ogni candidato amministratore di qualsiasi livello, nazionale o locale, c’è la tentazione di unire i pro e i contro facendone un unico grande e invincibile esercito da consegnare alle urne. Ma questo sogno si ferma davanti alle scelte finali, che devono essere chiare e non contraddittorie.

I movimenti, a partire dalla Lega Nord dei suoi albori, ormai decenni fa, hanno raccolto spinte di singoli territori (alcuni bellamente inventati come la Padania) canalizzando le istanze di una parte di popolazione che avrà dalla sua anche una bella miopia ma almeno ne ha una forma inguaribile che ne consente l’applicazione pressoché a tutto sotto la bandiera bicolore di paura e diffidenza.

Poi è arrivato il web e con lui un’evoluzione della specie. Il movimento 5 stelle ha portato in politica giovani che non avevano mai pensato di occuparsene (o almeno così ripetevano ossessivi) liberando energie che attraggono soprattutto per il “nuovismo” che rappresentano. In molti pensano, e non sbagliando completamente, “prima che questi diventino politici consumati – un po’ in tutti i sensi – passeranno anni e saranno anni di buon governo”. Forse, mai mettere limiti alla Provvidenza. Tuttavia la strada seguita ha molto della politica già vista e l’evoluzione consiste nella sola raccolta di istanze elettoralmente promettenti, spesso anche diverse tra loro. Così facendo tante sensibilità semplicemente si sommano, senza determinare una linea politica ma aggiungendo voti a voti, consenso a consenso fino a raggiungere lo scranno più in alto possibile. Il limite di queste sommatorie è che non ti puoi dimenticare nessuna delle tribù imbarcate mai e se scivoli sulla buccia di banana di una minima accondiscendenza, ad esempio verso chi presidia da anni una rete metallica con dietro un cantiere, ecco che arriva subito il conto. I movimenti di base, come quello che non vuole la linea ad alta velocità tra Torino e Lione, hanno obiettivi concreti, non fanno politica e il conto arriva a “5 stelle”, cioè caro, salato. Non credo sarà l’ultimo, anzi penso si tratti di uno dei primi. Non faccio il tifo per i partiti, perlomeno fino a che non riusciranno a recuperare la qualità che li rende indispensabili: selezionare le classi dirigenti di un paese. Sommare i “mal di pancia” per fare cassetta elettorale è un altro mestiere.


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