La Marcia che Capitini ideò oltre 50 anni fa e che torna il prossimo 9 ottobre riunisce intorno ai suoi temi principali l’intera galassia del movimento pacifista italiano, istituzionale e non.
Giovedì 23 giugno, a Roma, una conferenza stampa ha “lanciato” ufficialmente la Marcia della Pace del prossimo 9 ottobre. Quella marcia da Perugia ad Assisi che Capitini ideò oltre 50 anni fa e che periodicamente (e fortunatamente!) torna sulla scena, italiana e non solo. Una conferenza stampa molto importante, dato che, diversamente dalla precedente edizione della Marcia, allo stesso tavolo era presente pressoché l’intera galassia del movimento pacifista italiano, istituzionale e non: la Tavola della Pace e la Rete della Pace assieme al Coordinamento degli enti locali per la Pace e i Diritti Umani. In una ritrovata unità (magari complessa nel suo futuro dispiegarsi, ma non per questo meno necessaria) sostanziata nella firma di un appello comune che richiama le ragioni della Marcia: perché una Marcia oggi e per quali obiettivi.
Dopo che il padrone di casa, Giulietti (la conferenza si è svolta presso la sede della FNSI), ha comunicato di aver chiesto alla Rai l’impegno di dedicare i giorni precedenti alla Marcia ad illustrare i conflitti che insanguinano il mondo (si vedrà), e dopo le parole di Sergio Bassoli (la Rete) che ha illustrato le ragioni della conferenza, Flavio Lotti (la Tavola della Pace) ha evidenziato come la Marcia si ponga l’obiettivo principale di superare l’indifferenza e la rassegnazione ormai dilaganti nei singoli e nelle istituzioni (che altro sono le mancate risposte ai drammi quotidiani che i media ci sbattano davanti?), andando alla radice dei problemi per capire le ragioni che producono guerre e disastri ambientali, senza delegare le soluzioni ai potenti ma partendo da noi stessi, perché – è scritto nel manifesto della Marcia – “Ora tocca a te”.
La responsabilità personale sul tema della pace, appunto, sempre più difficile da ritrovare in chi opera nelle istituzioni, come ha sottolineato Andrea Ferrari (Coordinamento), perchè ormai sono sempre di meno gli amministratori disposti ad impegnarsi su questo tema. E sì che l’Italia che ripudia la guerra, è l’Italia delle mille città, perché la pace inizia dalle proprie città.
Alex Zanotelli ha evidenziato come le guerre (la normalità. E’ la pace l’eccezione) ancorchè in paesi lontani facciano ricadere su di noi i loro effetti, e come il nostro Paese di fatto ne sia partecipe visto che vende armi a paesi in guerra o che non rispettano i diritti umani, in spregio ad una propria legge (la 185).
Luigi Ciotti (disuguaglianze, ingiustizie, privilegi sono i nemici della pace) ha detto c’è un’altra arma altrettanto letale oltre a quella che spara e uccide: è quella economica che genera povertà, e la povertà diventa colpa, interiorizzata come tale da parte dei soggetti coinvolti, trasformata in pericolo da parte di chi viene avvicinato dal povero, perché spesso, è lui stesso in una situazione di indigenza.
Forse proprio questo è il tema fondamentale da affrontare, come si evince anche dal recente referendum inglese: come far sì che la sofferenza di persone – ormai sono milioni – che non hanno lavoro o non ne traggono benefici a sufficienza per una vita dignitosa (i morti vivi, li chiama don Ciotti) quando si scontra con la sofferenza di altre persone che per guerre o per disastri ambientali scappano dalle loro case, non vedano davanti a sé un nemico, uno che gli porta via lo scampolo di una passata sicurezza. La Marcia della Pace, di coloro che fanno la pace, deve servire anche a questo, a far capire che tutto si tiene.
Piero Piraccini, Coordinatore Tavola della pace