Il clan dei Barbados, i rivali dei Giuliano-Sibillo, ovvero, la paranza dei bimbi di Forcella. Raffaele Cepparulo era uno di loro. Combatteva, dalla parte del gruppo perdente, una delle faide di camorra più feroci dell’era contemporanea. Da almeno un anno, Raffaele detto “Ultimo” era conosciuto come esponente dei cosiddetti «barbudos», per la barba folta stile Isis che esplicava il senso d’appartenenza degli affiliati.
I quattro –Raffaele compreso – furono arrestati un anno fa mentre come un vero “commando di fuoco” stavano andando a mettere a segno un probabile agguato. In carcere, tuttavia, Cepparulo e gli altri tre gregari, ci sono rimasti solo per sei mesi. Scarcerati per decorrenza dei termini: un epilogo imprevedibile e disarmante. In sede di Riesame era caduto l’aggravante della finalità mafiosa e si era ristretto il tempo a disposizione della Procura per chiudere le indagini e chiedere il rinvio a giudizio. È così che quattro soggetti dallo spessore criminale inequivocabile sono tornati liberi di destreggiarsi in quella polveriera di regolamenti di conti che tiene in ostaggio la vivibilità del centro storico cittadino.
I killer “in trasferta” giunti a piedi e con il volto scoperto nel circolo ricreativo di via Cleopatra nel Lotto O di Ponticelli lo scorso martedì 7 giugno erano lì per uccidere lui, Raffaele Cepparulo. Solo lui. Sicari probabilmente assoldati dai Vastarella, clan egemone nel rione Sanità. Un agguato messo a segno per vendicare la morte di Giuseppe Vastarella e Salvatore Vigna, uccisi il 22 aprile in un altro circolo ricreativo, quello della Madonna Santissima dell’arco di via delle Fontanelle. Secondo gli inquirenti, Cepparulo, fedelissimo del boss Antonio Genidoni, – come dimostra il tatuaggio che portava scalfito sul petto – avrebbe fatto da battistrada su una delle moto che avevano preceduto Emanuele Esposito, ritenuto il responsabile della strage delle Fontanelle. Inoltre, “Ultimo” sarebbe anche l’autore delle numerose stese di camorra verificatesi nel rione Sanità.
Cepparulo era uno degli ultimi fedelissimi del clan Esposito e nulla poteva contro le alleanze della quali beneficiano i Vastarella. Il giovane sapeva di essere un bersaglio sensibile e di avere le ore contate, per questo ha cercato “riparo” tra i palazzoni del Lotto O di Ponticelli. In quell’agguato, messo a segno per eliminare Cepparulo, ha perso la vita anche Ciro Colonna, un 19enne del tutto estraneo alle dinamiche camorristiche. Ucciso solo perché mentre scappava ha perso gli occhiali da vista e si è chinato per raccoglierli. I killer in quel gesto hanno rilevato una minaccia tale da legittimarne la morte. Raggiunto da un colpo d’arma da fuoco al petto, Ciro ha pagato con la vita il disagio di essere un bravo ragazzo in una realtà “difficile” come quella che contamina la periferia est di Napoli. Ciro, morto perché era talmente “fesso” da non saper nemmeno scappare nel bel mezzo di un delitto di camorra.
La mia colpa, invece, è quella di essermi opposta a quella pericolosa ed inappropriata associazione di fatti e persone generata da familiari di Cepparulo che, attraverso i social, definivano Ciro e Raffaele “due angeli”. Ho fatto il mio lavoro, ho fatto solo il mio lavoro: ho pubblicato un articolo in cui denunciavo quella falsata e distorta visione della realtà.
Si è avvalsa di un messaggio diramato pubblicamente su facebook, la madre di Cepparulo, per farmi pervenire il suo inequivocabile avvertimento. La donna mi intimava di non parlare più di suo figlio, rivolgendomi minacce piuttosto esplicite: “se scrivi ancora di mio figlio, smuovo cielo e terra, ma ti trovo e ti faccio “lo strappamento”. Fatelo riposare in Pace, altrimenti la boss la faccio io, quando era in vita lo avete fatto nero, adesso non lo nominate più perché non siete degni. Se hai coraggio, vieni a parlarmi di persona, altrimenti dimmi dove sei e vengo a prenderti fin sotto casa. Tutto il dolore lo sfogo su di te”.
Amici e parenti, invece, lo descrivono così Raffaele “ultimo” Cepparulo: “Raffaele non aveva scelto una bella vita, ma non ha deciso lui di far ammazzare il povero Ciro e qualche anno fa anche il cosiddetto “boss” che poi boss non era affatto, era un bravissimo ragazzo con tanti problemi e una testa dura…ma se ha scelto una strada sbagliata l’ha pagata sulla sua pelle”. “Maleducati – scrive la compagna di “Ultimo” – il mio fidanzato non era niente di quello che scrivete! Voi siete persone ignoranti senza pudore!”
“La mamma ha cercato di fare tutto, purtroppo ha intrapreso una strada con due uscite. Nessuno e dico nessuno merita una morte del genere! Abbiamo cercato tutti di cambiarlo essendo brave persone, Raffaele non poteva tornare indietro, e siete pregati di non giudicare perché ognuno sceglie la propria strada, ma vi posso assicurare che non era nessun boss, la famiglia Cepparulo ha fatto l’impossibile per far sì che il nostro Raffaele tornasse ad essere quello di un tempo… i genitori hanno pianto giorni interi per il loro figlio, i suoi zii e cugini lo hanno allontanato nella speranza che si sentisse solo e cambiasse aria, la famiglia di Raffaele si appella contro persone che non sanno nulla della nostra vita e della vita di Raffaele che camminava tranquillamente per strada da solo, proprio perché boss non era… purtroppo quando si fanno scelte, sbagliate o giuste che siano, non si può tornare indietro facilmente… e ribadisco, la pistola contro il povero Ciro non è stata puntata da Raffaele e qui nessuno vuole arrampicarsi sugli specchi…”
In più frangenti quell’agguato viene definito “una disgrazia”: “perché la famiglia ha fatto tanto per non far succedere questo e noi conoscendo Raffaele siamo fieri del ragazzo che conosciamo. I giornalisti tentano di ingigantire piccole parole o dicerie per farsi spazio tra la cronaca e cercare di guadagnare quanto più possibile.”
E ancora secondo i familiari di Cepparulo: “la colpa” è del sistema, della società, talvolta della politica, che “fa schifo”, non di Raffaele. Chi lo conosceva giustifica così la presenza di Cepparulo nel Lotto O: “Là aveva amici, a Ponticelli non faceva il boss come dite voi perché a Ponticelli lo sapete bene già c’è chi comanda e volete parlare di camorra solo adesso perché non le avete fatte prima queste belle manifestazioni?” “Belle manifestazioni”: una fiaccolata sorta per ricordare Ciro Colonna. Più di mille persone, lo scorso martedì 14 giugno, sono scese in strada per manifestare solidarietà e vicinanza alla famiglia Colonna.
I familiari di Ciro Colonna, il padre, la madre e la sorella, ci tengono a chiarire quanto segue: “Ciro era del tutto estraneo alle dinamiche camorristiche, era un ragazzo perbene e si trovava in quel circolo ricreativo perché è l’unico luogo di ritrovo che il Lotto O può offrire ai ragazzi del rione. Non è un “covo di malavitosi”, ma solo un posto dove i ragazzi si ritrovano per giocare a carte o al biliardino, proprio come stava facendo Ciro quando i killer hanno fatto irruzione nel locale. Il fatto che molti organi di stampa non abbiano sottolineato che un ragazzo di 19 anni ha perso la vita in un agguato, scrivendo il suo nome tra quello delle vittime innocenti della criminalità organizzata, aggiunge altro dolore al nostro dolore.”
Luciana Esposito è una giornalista che da anni racconta Napoli e le sue periferie, denunciano il malaffare delle le organizzazioni criminali del territorio. Per questo ha subito ripetute minacce e intimidazioni. Articolo21, come sua abitudine vuole dare voce a lei come a gli altri cronisti coraggiosi che non abbassano la testa di fronte alle prevaricazioni. Per questo abbiamo deciso di pubblicare il suo articolo. Perché pensiamo che il modo migliore per esprimere una solidarietà concreta e non lasciare soli i giornalisti “sotto tiro” sia quello di rilanciare e diffondere i loro articoli e le loro inchieste.
Paolo Butturini
Stefano Corradino
Giuseppe Giulietti
Raffaele Lorusso
Barbara Scaramucci
Claudio Silvestri