Di Alessandro Cardulli
È mai possibile che il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Nannicini, quando hanno incontrato per la seconda volta i sindacati, i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil, che rappresentano più di dieci milioni di lavoratori, non avessero messo a punto i particolari “operativi” della proposta sulla flessibilità in uscita per anticipare di qualche anno, tre dice il governo, il pensionamento? Pensiamo francamente di no. Perché si tratterebbe, fra l’altro, di mancanza di rispetto per l’interlocutore che hai costretto a manifestazioni, cortei in tante città d’Italia, scioperi, prima di decidere di aprire un tavolo di confronto. Non solo, il governo ha ricevuto una organica, unitaria, proposta di intervento su previdenza e lavoro, a partire dalla revisione della riforma Fornero. Perché hanno detto più volte i sindacati se non si tocca la Fornero, la riforma ovviamente, i problemi aperti restano sono molti, non riguardano solo l’età pensionabile. Ancora: è noto a tutti, perché i media ne hanno parlato, che il sottosegretario Nannicini, già quando era solo uno dei consulenti economici del ragazzo di Rignano, lui, il professore, un aretino, territorio molto noto alla ministra Boschi, si è esercitato nel mettere a punto l’Ape, il prestito ai lavoratori da parte delle banche, per anticipare la pensione. Prima ha buttato l’amo, poi ha ritirato la lenza. Si sa tutto del prestito.
“Ape” è pronto anche nei particolari scabrosi. Ma i sindacati tenuti all’oscuro
Ora invece si scopre che il “meccanismo” non è ancora stato approntato. Il “meccanismo” è la sostanza del provvedimento. Non ci vuole molto a fare i conti. Lo stesso Nannicini ha annunciato che il costo della operazione se fosse a carico del governo sarebbe di circa dieci miliardi, “insopportabile” per il bilancio. Non solo, da Palazzo Chigi si è fatto subito circolare la impossibilità da parte della Commissione della Unione europea, che attende la nuova legge di stabilità, di dare l’ok ad una operazione così costosa. Lo ha detto, candidamente, la segretaria generale della Cisl, Furlan, segno che nell’incontro con i sindacati, Nannicini, il capo cordata o il ministro ne hanno parlato. Tanto che il governo ipotizza un intervento, l’Ape appunto, che graverà sul bilancio dello Stato per circa 500-700 milioni. Uno scherzo, un niente. Segno comunque che l’esecutivo ha messo a punto conti e “meccanismi” ed ha previsto che sia il pensionando a pagarsi i tre anni di anticipo. Domanda: perché non ha esposto subito la dinamica del prestito? Elementare, direbbe Sherlock Holmes. Perché una carognata come l’Ape che prevede un pensionato che per anticipare di tre anni l’ingresso alla pensione deve restituire un prestito con rate che durano trent’anni, finirà di pagare il debito verso gli 85 anni, non si può raccontare nei minimi particolari prima di una tornata elettorale, i ballottaggi, in cui il partito del premier non è messo troppo bene.
Prime reazioni non “benevole” fra i Iavoratori. I sindacati: legge Fornero da cambiare
Renzi si affanna a dire che questo voto riguarda le città, non ha valore politico. Sa bene che non è vero. Metterci sopra un carico da novanta che riguarda le pensioni, terreno quanto mai delicato sarebbe un suicidio. È aiutato dai media che si affannano a dichiarare che non ci saranno penalizzazioni per i lavoratori. I sindacati, dato un giudizio positivo sul fatto che finalmente il governo si fosse deciso ad aprire un tavolo di confronto, sono molto cauti. Sanno bene che le scarne notizie fornite dal governo hanno suscitato prime reazioni fra i lavoratori, diciamo per carità di patria, non benevole. Oltre a dure prese i di posizione da parte delle opposizioni. I sindacati fanno sapere che ritengono indispensabile cambiare la legge Fornero altrimenti non si affrontano i problemi aperti. Le notizie che filtrano dalle stanze del governo non lasciano ben sperare.
Camusso: vedo troppo entusiasmo mentre siamo per riforma strutturale legge Fornero
“Sulla questione delle pensioni vedo troppo entusiasmo nato attorno alla proposta del ritiro anticipato dal lavoro con il meccanismo del prestito ventennale dalle banche. Noi vogliamo ragionare invece su una riforma strutturale della legge Fornero, per fornire risposte concrete ai lavoratori”. Lo ha dichiarato Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, a margine di un convegno a Pavia organizzato dalla Camera del Lavoro e dedicato al tema “Cultura, saperi e legalita’”.
Barbagallo: non interessa il nome del nuovo provvedimento, ma dare risposta a chi non può più restare a lavorare
“Non so come e quando si concluderà questa trattativa. Peraltro, il documento che abbiamo presentato al Governo consta di dodici punti e, invece, tutti si stanno concentrando solo sulla cosiddetta ‘Ape’, l’anticipo pensionistico, ed è sbagliato”, ha affermato il segretario nazionale della Uil Carmelo Barbagallo, partecipando a Taranto a un incontro i vertici regionali e locali del sindacato. “Dobbiamo ancora approfondire i temi – ha spiegato – e verificare i costi. Dobbiamo fare in modo che la legge Fornero venga modificata. Non mi interessa che nome avrà il nuovo provvedimento, mi interessa dare risposta a tutti quei lavoratori che non possono restare al lavoro oltre una certa età, salvaguardare chi ha 41 anni di contributi, gli esodati, gli usurati, mettere in moto l’occupazione per i giovani – ha concluso il leader della Uil – e adeguare le pensioni”.
Damiano (Pd). La sua proposta ignorata. Chiede anticipo di 4 anni e garanzie per le fasce più deboli
Dal Pd arriva solo la voce di Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, titolare, con altri parlamentari Dem di una proposta che non prevede il prestito ma minimi interventi sulle pensioni anticipate i cui effetti sul bilancio dello stato, con il passar degli anni, sarebbero addirittura nulli. Damiano si limita a dire, non entrando nella proposta del prestito, che “affinché la misura sia efficace, chiediamo che l’anticipo sia di 4 anni e non solo di 3 come propone il Governo; che l’INPS sia ‘l’ufficiale pagatore’ delle pensioni e lo Stato il garante della operazione di flessibilità. Infine, particolare attenzione va riservata alle categorie più deboli: disoccupati che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali, precoci, addetti a lavori usuranti ed invalidi”. “Si tratta di persone colpite dalla crisi – dice Damiano – rimaste senza reddito per via dei licenziamenti o che hanno trascorso una vita di lavoro in lavori faticosi. Per queste categorie le detrazioni fiscali proposte dal Governo devono ridurre sostanzialmente a zero gli oneri finanziari legati al prestito”. Ma la proposta che porta la sua firma e quella di altri deputati Pd, sostenuta da trentamila firme di cittadini, che fine farà?
Per quanto riguarda il fatto che “ufficiale pagatore” sia l’Inps si tratta solo di un fatto secondario. Il problema sono le rate da restituire che potranno incidere fino al 15% dell’assegno. Per ora si ignora quanto le annunciate detrazioni fiscali potranno rendere meno gravosa la riduzione dell’assegno. Ma stante la somma che il governo dice di poter stanziare siamo alla farsa. Ci pare incredibile che si parli di prelievo sul rateo dei disoccupati di lunga durata, così come su quello dei lavoratori con assegni esigui, ad esempio inferiori a tre volte il trattamento minimo Inps.
La beffa: l’ammontare della pensione si ferma a quando si chiede l’anticipo
Per quanto riguarda chi potrà andare in pensione anticipata, per gli uomini si parla di chi ha 63 anni e 7 mesi di età (62 anni e 7 mesi le donne dipendenti del settore privato; 63 anni ed un mese le autonome) unitamente ad almeno 20 anni di contributi. Sarebbero interessati anche i lavoratori del pubblico impiego. Ma ancora, si fa sapere da ambienti del governo, la tabella di marcia deve essere messa a punto. Dopo i ballottaggi è previsto un nuovo round con i sindacati, sede Dicastero del lavoro, i quali confermano che per dare un giudizio complessivo attendono proposte organiche e non annunci indefiniti. Di carne al fuoco ce ne è già molta mentre man mano si scoprono gli altarini con notizie che filtrano, o forse si lasciano filtrare. Al lavoro ci sono per esempio gli esperti in contabilità. Danno i numeri su quanto inciderebbero i ratei sugli assegni. Chi ha un netto di 2000 euro mensili dovrà lasciarne alla banche un po’ più di 400 euro. Chi si aggira su 1500 si vedrà decurtato l’assegno di 225 euro. Come è noto assegni pensionistici di questa portata sono già un “privilegio”. C’è poi a completare la velenosa Ape una vera e propria ciliegina. Vai in pensione tre anni prima, ma questo periodo lo paghi con il prestito. Sarebbe logico che i tre anni fossero conteggiati ai fini pensionistici. No, ci mancherebbe. L’ammontare della pensione sarà quello conteggiato al momento in cui fai richiesta di andare in pensione anticipata.