Di Piero Pantucci
Quando Claudio Regeni ha sintetizzato gli impegni che la UE dovrebbe assumere per costringere l’Egitto a dire la verità sulla morte di Giulio, i parlamentari europei che lo ascoltavano avranno pensato che sì, probabilmente non c’è altra strada, ma che è una strada percorribile solo da una comunità coesa nei diritti, nei valori, nelle priorità. E questo non sembra proprio essere il caso dell’Unione Europea. Il papà del ventottenne ricercatore friulano sequestrato, torturato e assassinato al Cairo tra il 25 gennaio e il 3 febbraio, ha chiesto infatti che “gli stati membri richiamino i propri ambasciatori, dichiarino l’Egitto un Paese non sicuro, sospendano gli accordi sull’invio di armi, di interforze per lo spionaggio o la repressione interna, sospendano gli accordi economici, facciano un monitoraggio dei processi contro attivisti, militanti avvocati e giornalisti che si battono per la libertà in Egitto e offrano protezione e collaborazione, anche con l’offerta di visti, a chi può offrire notizie alla procura di Roma”.
Claudio Regeni e la moglie Paola hanno parlato davanti ai parlamentari europei della commissione Diritti Umani del Parlamento europeo, ieri a Bruxelles. L’incontro era stato formalmente indetto dalla commissione, che aveva invitato i genitori di Giulio nella sede parlamentare continentale accogliendone le sollecitazioni a portare il caso Regeni nelle sedi politiche più importanti, fuori dai confini dell’Italia, ove la ricerca della verità rischia di venire narcotizzata dal trascorrere del tempo e dalla rassegnazione. Il senso di frustrazione per un’attesa che la realpolitik prolunga oltre ogni umana speranza e per fatti che debbono accadere e che non accadono mai era presente ieri nelle parole e nei gesti dei due genitori. Sempre composti e dignitosi, ma più che mai irriducibili. “Genitori erranti nelle istituzioni, per chiedere verità e giustizia per Giulio” si sono definiti il padre e la madre del ragazzo. Quindi mai rassegnati.
E i “genitori erranti” non hanno nascosto la loro insoddisfazione nei confronti del governo italiano. Così la madre di Giulio ha riassunto il loro stato d’animo: “Siamo altamente insoddisfatti della situazione attuale. Parlo rispetto al governo italiano, che abbiamo sentito, su nostra richiesta, verso il 25 maggio e poi, nel frattempo, l’8 aprile c’è stato il ritiro dell’ambasciatore. Da quel momento sentiamo un vuoto”. Questo “vuoto”, il premier Renzi, debitamente informato, ha sentito il dovere di tentare di colmarlo subito dopo, promettendo “attenzione e sostegno” da parte governativa. “Verificherò lo stato dell’arte e vi faremo sapere, magari io personalmente chiamerò i coniugi Regeni” ha precisato Renzi.
Di fatto per ora, a parte il mancato insediamento del nuovo ambasciatore Cantini – che rappresenta una sorta di congelamento delle relazioni diplomatiche – il nostro governo non ha più sviluppato alcuna iniziativa. La consapevolezza che un anche parziale accoglimento delle richieste dei genitori di Giulio difficilmente troverebbe concordi i membri della UE (pensiamo solo agli accordi commerciali in essere) frena parecchio l’azione diplomatica italiana. Ma se l’Europa non è questo, se non è la patria di tutti gli europei, che cosa è, si domandano – e con loro ci domandiamo noi – Paola e Claudio Regeni. “Sentiamo un vuoto” hanno detto “e chiediamo di fare pressioni sull’Egitto. L’Italia e l’Europa devono fare delle scelte perché quello che è successo a Giulio può accadere a chiunque”.
Nel corso dell’udienza i due genitori hanno detto di avere 266 foto e una relazione autoptica di 225 pagine che documentano le torture inflitte al loro figliolo in Egitto. “Non vorremmo essere mai costretti a mostrare quelle foto”, che rivelano ciò che a un giovane cittadino europeo può accadere in Egitto. Perché quello che è accaduto a Giulio poteva accadere a qualunque altro giovane. “Non ho ancora capito se l’Italia è amica o no dell’Egitto ma so che gli amici non uccidono i figli degli amici” ha detto la battagliera signora Paola, che ha concluso con un esplicito invito: “Basta commemorazioni, ora azioni”. Successivamente i due coniugi si sono incontrati con Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera della UE, che ha assicurato l’impegno europeo a sostenere tutte le iniziative italiane (politiche, ma anche giudiziarie, si suppone) per arrivare all’accertamento della verità. Parole che rischiano, purtroppo, di non essere seguite da fatti.