In forte aumento il numero di bambini vulnerabili arrivati in Serbia attraverso i confini con altri Paesi come l’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia e dalla Bulgaria; per la prima volta dall’agosto del 2015, tra loro ci sono rifugiati siriani giunti dall’Albania e dal Montenegro. Molti di loro non si fermano a ricevere aiuti umanitari per paura di rimanere bloccati.
Sono stati in media 50 a settimana i minori migranti non accompagnati arrivati durante tutto il mese di maggio nei centri di accoglienza supportati da Save the Children a Belgrado, in Serbia. Hanno affrontato il viaggio soli, senza un famigliare o un adulto di riferimento, e alcuni di loro hanno camminato per giorni senza avere accesso ad acqua potabile e cibo. Il forte aumento del numero di bambini vulnerabili che entra in Serbia attraverso i confini con l’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (FYROM) e la Bulgaria ha spinto l’Organizzazione a lanciare l’allarme sul fatto che la chiusura delle frontiere sta portando i bambini ad affrontare viaggi sempre più pericolosi, esponendoli a un serio rischio di sfruttamento.
Secondo i team di Save the Children a Belgrado, il numero dei bambini separati dalle proprie famiglie arrivati nelle loro strutture è quintuplicato nel corso dello scorso mese, passando dai 15 casi identificati durante la prima settimana di maggio ai 78 registrati durante l’ultima settimana del mese. Molti bambini arrivano soli, dopo aver perso i contatti con le loro famiglie durante il viaggio e alcuni di loro evitano di fermarsi nei luoghi in cui potrebbero ricevere aiuti per paura di essere fermati e di non poter continuare il loro viaggio.
“Le politiche europee, sorde a qualsiasi richiesta sui migranti, sono direttamente responsabili di aver messo i bambini in una situazione di alto rischio”, afferma Goran Bilic, Coordinatore Regionale della risposta di Save the Children in Grecia e nei Balcani. “In sostanza, i leader europei stanno mettendo questi bambini nelle mani di contrabbandieri e trafficanti. Abbiamo chiesto un sistema coordinato per identificare e registrare i bambini che viaggiano soli attraverso i Balcani, ma con le frontiere chiuse e la mancanza di percorsi sicuri e legali i bambini più vulnerabili sono costretti a rimanere nascosti e non possono ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno dalle ONG o dagli organi governativi di competenza”.
I bambini e le loro famiglie sono ora costretti a trovare strade alternative per scappare da conflitti e violenze in cerca di un posto sicuro. Il team di Save the Children in Serbia ha segnalato, per la prima volta dall’escalation della crisi dei migranti nell’agosto del 2015, l’arrivo di rifugiati siriani dall’Albania e dal Montenegro. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ad aprile 2016, molto tempo dopo la chiusura dei confini, gli arrivi in Austria sono saliti a 5.700, per la maggior parte migranti provenienti da Siria, Afghanistan e Iraq. Secondo i media, durante lo sgombero del campo di Idomeni, nella Grecia settentrionale, circa 4.000 migranti e rifugiati sono “spariti”, probabilmente attraversando l’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia e continuando il loro viaggio illegalmente. A maggio, il numero di rifugiati e migranti arrivati quotidianamente in Serbia (in media tra 100 e 300) era superiore a quello degli arrivi in Grecia (45 di media).
“Piuttosto che rimanere ad aspettare in strutture di accoglienza sovraffollate in Grecia, dove potrebbero passare anni prima che il sistema di asilo greco, già sovraccarico, elabori le loro richieste, rifugiati e migranti scelgono di proseguire il loro viaggio affidandosi a questi pericolosi trafficanti”, aggiunge Bilic.
“L’approccio incauto e disinformato adottato dall’Europa nella gestione della crisi dei rifugiati è direttamente responsabile delle morti e delle sofferenze che causa ai bambini e alle loro famiglie. I bambini traumatizzati dagli eventi tragici che hanno vissuto nel loro Paese o durante il viaggio verso l’Europa affrontano ora rischi ancora più elevati, proprio a causa delle scelte europee di erigere recinzioni, costruire muri, chiudere le frontiere e applicare politiche che rendono sempre più difficili le riunificazioni familiari”. “Queste misure dissuasive non funzioneranno mai. I leader europei non vogliono capire che nessuna traversata, per quanto pericolosa, nessun muro o recinzione può impedire ad una famiglia disperata di cercare una vita sicura e dignitosa altrove”, conclude Bilic.