La giustizia è un’infrastruttura essenziale della Stato. Come strade, porti, ospedali e ferrovie. Tutti parlano di buche nelle strade, ma non delle voragini nella giustizia. Mancanze macroscopiche di organico e riorganizzazione delle procedure, che la rendono impraticabile.
Lo si dice da anni e da anni non si fa nulla per rendere efficienti i processi.
Allora è chiaro come tutto sia premeditato, da una classe politica che sa di muoversi ai bordi della legalità e che tiene volutamente inefficiente la giustizia, in modo da non restarne vittima, in caso di incidenti legali. E questa analisi si rinforza, quando si vede come i parlamentari più opachi – rappresentanti di un’ampia fascia di elettori truffatori – difendano l’abuso della prescrizione, in modo che arrivi prima della sentenza.
Ma la maggior parte delle persone non dice niente, per un’avversione atavica alle regole e a chi – i giudici – le deve far rispettare. Salvo poi accorgersi di quanto sia importante una giustizia funzionante, quando qualcuno ha a che fare con l’inquilino del piano di sopra, che non vuole riparare la perdita d’acqua. E con aria arrogante gli dice mi faccia causa, sapendo che difficilmente dovrà rispondere del suo torto e sicuramente obbliga la sua vittima a scalare una montagna di difficoltà – di costi e tempo – sicuro che desisterà.
Le lunghe liste d’attesa alle fermate degli autobus, negli ospedali, nei tribunali sono effetti della stessa mancanza di reazione politica dei cittadini. Molti non vogliono fare la fatica del conflitto e non incalzano i partiti. Poi, sbattono il muso sui disservizi, si esasperano e non votano più perché tanto sono tutti uguali. E il cerchio si chiude, saldando frustrazione sociale e opportunismo politico.
Il vero blocco allo sviluppo del Paese.
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