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Filippine, “licenza di uccidere” i giornalisti

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“Qui la legge sono io”, aveva dichiarato l’attuale Presidente delle Filippine ed ex sindaco di Davao Rodrigo Roa Duterte. Facendo uso della rete di contatti creata quando era capo di una banda criminale. Duterte aveva allestito veri e propri squadroni della morte per combattere i terroristi ed i criminali. La notizia è stata confermata dalla Commissione Asiatica dei Diritti Umani (AHRC). Anche in un report del 2009, stilato dalle Nazioni Unite, si accusa Duterte di “non denunciare gli omicidi compiuti dalle forze dell’ordine”. Lui stesso sorvegliava le strade in sella a una Harley Davidson, motivo per cui è stato soprannominato “Harry lo sporco”.

L’ex sindaco di Davao aveva affermato in campagna elettorale l’intenzione di chiedere al Congresso il ripristino della pena di morte abolita nel 2006, inoltre vuole concedere alle Forze dell’Ordine la “licenza” di uccidere coloro che si opporranno all’arresto. Le Filippine sono note come uno dei Paesi dove la categoria dei giornalisti è più a rischio. Nel giugno 2016 Duterte ha affermato di ritenere giusti gli assassini dei cronisti “corrotti”, (coloro che lo criticano ndr) in quanto a suo parere “se lo meritano”.

“Solo perché sei un giornalista, non significa che tu sia esente dall’essere assassinato. Non c’è alcuna libertà di espressione che tenga, quando fai uno sbaglio a qualcuno. La maggior parte di chi viene ucciso, in realtà, ha fatto qualcosa. Se sei un bravo cronista però, sei al sicuro”.

Forti sono state le contestazioni contro queste parole, soprattutto da parte delle associazioni per la libertà di stampa. Tale dichiarazione ha causato lo sdegno dell’Unione nazionale dei giornalisti filippini, che ha definito le sue parole come un’istigazione all’omicidio. Ciò nonostante, Duterte si è fermamente rifiutato di scusarsi.
E gli Stati Uniti, alleati e sensibili alla posizione strategica delle Filippine, cosa dicono?

Gli Stati Uniti dislocheranno 5 basi militari, scrive il “New York Times”. E’ stato riferito che l’accordo bilaterale è stato firmato a maggio di quest’anno. La durata decennale del documento consentirà agli Stati Uniti di costruire basi proprie, così come di gestire le strutture militari esistenti in 5 basi delle forze armate delle Filippine: si tratta di una base terrestre e 4 basi aeree militari. A sua volta Washington si impegna a pagare 40 milioni di dollari alle Filippine, che saranno utilizzati per l’ammodernamento della Marina e dei dirigibili di osservazione senza equipaggio per il controllo delle isole. Secondo gli analisti, di particolare interesse per gli USA sono la base aerea “Antonio Bautista” sull’isola di Palawan, che si trova a ridosso dei territori contesi nel Mar Cinese Meridionale.

Sembra che gli USA abbiano una “naturale vocazione”, ad appoggiare i dittatori di tutto il mondo, sono pronti a rovesciare qualsiasi governo che “non sia in linea” con gli interessi nazionali del governo americano. Non importa il “mezzo”, l’importante è il fine. Non interessa se Duterte dimostri un totale disprezzo per la vita umana (in linea col suo passato a capo di una banda criminale), è importantissimo per gli americani, avere basi militari in quello scacchiere che fanno salire la tensione con la Cina, “vicina di casa” delle Filippine. In Lombardia vivono e lavorano 50 mila filippini, ne ho contattati due telefonicamente e alla domanda «cosa ne pensate del vostro nuovo presidente Duterte?». Essi hanno risposto: “non seguiamo la politica nelle Filippine”.

L’impressione avuta è quella che i connazionali di Duterte abbiano paura solo a nominarlo, figurarsi se dovessero esprimere una legittima e libera opinione. “Harry lo sporco” ha avuto la meglio sulla coalizione uscente, corrotta, litigiosa e da sempre poco attenta ai bisogni dei cittadini. Ora si apre un nuovo scenario i cui contorni non sono ancora completamente delineati. La prima domanda a cui rispondere è: «come ha fatto Duterte ad arricchirsi così tanto quando ricopriva la carica di sindaco di Davao? Come è possibile che abbia ucciso delle persone  e non sia mai stata aperta un inchiesta a suo carico, per abuso di potere e omicidio? Come ha potuto quest’uomo con un CV di criminale di “tutto rispetto”, candidarsi a sindaco e a Presidente?».

Il Popolo filippino dovrà porsi queste domande, perché nelle risposte troveranno la verità sul futuro che li attende. Si apre un nuovo ciclo per le Filippine, gli elettori hanno barattato la democrazia e la libertà per  un minimo di sicurezza in più, convinti che la politica repressiva ed assassina del Presidente Duterte garantirà loro più serenità; fino a quando si accorgeranno che, camminando per strada e non sentendo l’alt della polizia, saranno uccisi a sangue freddo, convinti che a loro non sarebbe successo mai nulla.


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