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Ondata di arresti in Turchia,
la nuova repressione di Erdogan

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Una nuova ondata di arresti in Turchia ha portato in carcere nelle ultime 24 ore una cinquantina tra dissidenti, giornalisti e attivisti con l’accusa di  terrorismo. La polizia turca ha prelevato all’alba dalle rispettive abitazioni i presunti affiliati alla rete di Fethullah Gulen, il magnate e imam ex alleato e ora nemico giurato del presidente Recep Tayyip Erdogan, che lo accusa di aver creato uno “Stato parallelo” per rovesciarlo.  I blitz, condotti nelle province occidentali di Smirne e Manisa, hanno coinvolto oltre 500 agenti. A finire in manette, tra gli altri, anche il nipote dell’imam, Mehmet Mezher Gulen, accusato di essere alla guida delle ‘dershane’, scuole private molte diffuse in tutta la Turchia che alimenterebbero il dissenso interno.

Nelle stesse ore della retata contro coloro che il governo turco considera i suoi peggiori oppositori, a Istanbul iniziava la discussione sulla controversa proposta di abolire l’immunità parlamentare, che secondo i deputati filo-curdi è mirata ad espellerli dal Parlamento. Il provvedimento ha già animato episodi di contrasto politico senza precedenti. In Commissione affari costituzionali, dove è stano predisposto il testo approdato in aula, i parlamentari si sono presi a pugni e calci.  In base alle norme in vigore, i deputati godono di piena immunità. Se approvata la legge che la elimina, per 130 parlamentari su cui pendono dossier già trasmessi al presidente del parlamento, scatterebbe la decadenza del mandato.

Ad essere particolarmente esposti gli esponenti del Partito democratico curdo, sottoposti a indagini sulla base di accuse di presunti legami e sostegno verbale al Pkk, il gruppo armato che alimenta la rivolta curda contro lo Stato turco.  “Questa mozione mira a distruggere l’ Hdp in Parlamento” hanno dichiarato i leader del partito Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, che rischiano entrambi di finire sotto inchiesta.

Dietro al tentativo  di mettere fuori dalle istituzioni i curdi democratici la volontà, malcelata, del presidente Erdogan di modificare la Costituzione in senso presidenziale. Senza il contrasto dell’opposizione la strada potrebbe essere spianata.  “Se avrà successo questo golpe – ha affermato Demirtas – sarà un passo cruciale per Erdogan per sostituire la democrazia parlamentare, con un sistema assolutista presidenziale”.

Dalla comunità internazionale non sono mancati i segnali di inquietudine per questo ennesimo atto dal chiaro intento repressivo. Come il tentativo di contrastare il dissenso accusando gli oppositori di azioni contro la sicurezza nazionale. Nonostante innumerevoli richiami, la Turchia ha più volte ribadito che non cambierà la legge antiterrorismo, recentemente inasprita, come pretende l’Ue e anzi ha accusato Bruxelles di “sostenere i terroristi” con questa richiesta.  Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu da Vienna, a margine del summit sulla Libia, ha affermato senza mezzi termini che essendo il governo turco immerso nella lotta contro organizzazioni terroristiche come il Pkk o Daesh chiedergli di modificare la legislazione antiterrorismo, a fronte dell’eliminazione dei visti per i turchi, è da irresponsabili. Insomma sembra proprio che nulla possa impedire a Erdogan di procedere a passo spedito verso una deriva sempre più autoritaria e antidemocratica che potrebbe portare a nuove e inevitabili proteste con le sanguinose repressioni a cui, purtroppo, il regime turco ci ha abituati.


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