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Unioni civili. Renzi impone la fiducia, ma è un errore politico gravissimo. Gotor: “altri la imporranno per togliere diritti”

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Di Pino Salerno

Il governo pone la fiducia alla Camera sulle unioni civili, che dovrebbero diventare legge dello Stato in settimana. Una decisione che scontenta quei gruppi d’opposizione pronti a votare sì alla legge, e che fa arrabbiare quanti erano contrari e volevano esprimere in Aula il dissenso attraverso il dibattito. Ed è per questo che il segretario della Cei Nunzio Galantino ha definito “una sconfitta per tutti” la fiducia. E un altro focolaio di polemiche lo ha acceso il candidato sindaco di Roma, Alfio Marchini, dicendo che lui non celebrerà le unioni se diverrà sindaco della Capitale.

La fiducia annunciata domenica da Renzi da Fabio Fazio

La fiducia sulle unioni civili, richiesta dal ministro Maria Elena Boschi alle 14 in Aula, era stata annunciata già domenica dal premier Matteo Renzi. Nessuna meraviglia, dunque, anche se il numero limitato di emendamenti, e l’iscrizione di soli quattro deputati per la loro illustrazione, faceva capire che il governo non avrebbe dovuto affrontare un ostruzionismo feroce. Anche perché le pregiudiziali di costituzionalità (che avrebbero bloccato il testo) erano state votate in mattinata solo da Lega e da Fdi, mentre M5s e Sel le avevano respinte assieme alla maggioranza, con Fi che si era astenuta. Renzi ha fatto prevalere la certezza di avere la legge, sulla possibilità di garantire un dibattito in Aula, timoroso dei tranelli costituiti da alcuni voti segreti. Il premier temeva che proprio nel segreto dell’urna la minoranza del Pd si saldasse con tutte le opposizioni, al di là della disponibilità ufficiale ad appoggiare la legge da parte di Si, M5s e anche alcuni deputati di Fi.

Le reazioni. Scotto: “errore grave”

Bastava cambiare una virgola per rimandare il testo in Senato, e sarebbe stata una sconfitta per il presidente del Consiglio. La protesta delle opposizioni si è levata immediatamente, seppur con sfumature diverse. Arturo Scotto (SI) ha parlato di “grave errore”, e Renato Brunetta di “squadrismo”. Ma scontenti anche i pochi deputati della maggioranza contrari alla legge, che non voteranno la fiducia, come Alessandro Pagano, di Ncd, o Gianluigi Gigli e Mario Sberna di Democrazia Solidale. Altri cattolici della maggioranza (come Paola Binetti) voteranno sì alla fiducia ma si asterranno sul voto finale al provvedimento (il regolamento della Camera separa i due voti). A farsi portavoce del malumore del mondo cattolico per l’impossibilità almeno del dibattito è stato, dunque, il segretario della Cei Nunzio Galantino: “Il governo ha le sue logiche, le sue esigenze, probabilmente anche le sue ragioni, ma il voto di fiducia, non solo per questo governo ma anche per quelli passati, spesso rappresenta una sconfitta per tutti”. Il mondo gay non esulta all’unanimità.

Le reazioni delle associazioni omosessuali

Alcune Associazioni, come Arcilesbica o Famiglie Arcobaleno lamentano che non ci sia il matrimonio egalitario, ma altre, come Arcigay o Equality invitano a guardare gli aspetti positivi. Il clima teso della giornata ha avuto un ulteriore fronte di polemica dopo le parole di Alfio Marchini: “non celebrerò unioni gay se dovessi vincere le elezioni”. “Marchini tranquillo, ci penserà Giachetti da sindaco a celebrare le unioni gay”, ha replicato il presidente del Pd Matteo Orfini, mentre Giachetti ha detto di “non veder l’ora” di votare la legge. Giorgia Meloni si è detta contraria alle unioni civili, ma pronta a far rispettare la legge se divenisse sindaco. “I sindaci diano il buon esempio e rispettino la legge”, ha detto il ministro Boschi. Il tema entra comunque nel dibattito delle amministrative dalla porta principale.

Fassina: “voteremo no alla fiducia, e sì alla legge”. Gotor: “altri ricorreranno alla fiducia per togliere diritti”

“Noi voteremo no alla fiducia al governo, sì alla legge nonostante sia stata mutilata di un pezzo importante, la stepchild adoption”. Lo dice Stefano Fassina, leader di Si, ospite di Otto e mezzo su La7. Più duro l’intervento di Miguel Gotor, senatore ed esponente di primo piano della sinistra del Pd: “Concordo con l’intervento di monsignor Nunzio Galantino. Già al Senato è stata imposta la fiducia sulle unioni civili – sottolinea – e mi sembrò comunque una forzatura resa comprensibile ma non giustificata dalla esiguità dei numeri della maggioranza in quel ramo del Parlamento. Ma ripetere il gesto alla Camera, dove il Pd ha numeri ben più ampi, è un nuovo errore che crea un pericoloso precedente. Un domani altre maggioranze potranno ricorrere alla fiducia non per dare diritti, come stiamo facendo noi oggi, ma per toglierli. E quel giorno non avremo parole né argomenti”.

Da jobsnews


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