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Morti sul lavoro, un bollettino di guerra, non una tragica fatalità

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Venerdì 22 aprile sono morti a Nola 2 operai, travolti da un Tir impazzito, mentre effettuavano lavori di manutenzione.
Gli altri 3 operai che sono stati investiti si trovano in codice giallo all’ospedale. Oramai siamo al dramma quotidiano, infatti non passa giorno che 3/4 lavoratori (a volte anche di più) non facciano più ritorno a casa, perchè sono morti sul lavoro.
Questo però non sembra stupire più nessuno, quasi fossimo assuefatti da tutte queste morti sul lavoro, tanto da considerarle “la normalità”.
Ma un Paese normale, un Paese che si definisce civile non può continuare ad accettare che ogni giorno ci siano tutte queste morti sul lavoro. Ed eccoci alla guerra del numeri, con l’Inail che da 10 anni ci dice che gli infortuni e le morti sul lavoro sono in calo, mentre l’Osservatorio Indipendente di Bologna sulle morti sul lavoro ci dice che sono in aumento continuo e che nel 2015 hanno superato quota 1400.
A chi dare ragione allora, all’Inail o all’Osservatorio Indipendente di Bologna? Già il fatto che l’Inail tenga conto solo dei suoi assicurati e che nei dati Inail sulle morti sul lavoro non ci siano queste categorie:

-giornalisti
-sportivi dilettanti
-personale di volo
-vigili del fuoco
-volontari impegnati nell’attività di protezione civile
-carabinieri
-poliziotti

Una riflessione sarebbe d’obbligo. Ad oggi i morti sul lavoro dal 1 Gennaio 2016 sono oltre 370: http://cadutisullavoro.blogspot.it/
Perché non abbiamo più la capacità di indignarci? Se chiudessero il campionato di calcio, ci scommetto, saremmo tutti in piazza a protestare, ma per questioni molto più importanti come il dramma delle troppe morti e la mancanza della sicurezza sul lavoro non ci muoviamo. Perché? Perché manca la cultura della sicurezza sul lavoro mi hanno detto in tutti questi anni.
Questa frase me l’hanno ripetuta per anni (tanto che l’ho imparata a memoria), ma i primi a non far nulla perché venisse attuata erano proprio quelli che me l’andavano ripetendo ad ogni tragedia sul lavoro.
In questi anni che combatto perché ci sia più sicurezza sul lavoro, ho conosciuto diversi familiari che avevano perso un loro caro, perché morto sul lavoro.
Persone che non solo non avevano ottenuto giustizia da lo Stato, ma che erano state lasciate anche sole dalle istituzioni ed in molti casi, l’unico risarcimento che avevano avuto (se così possiamo chiamarlo) era il rimborso assegno spese funerarie Inail, che a malapena supera le 2000 euro (per essere precisi 2136,50 euro ).
Un rimborso che aveva il sapere della beffa! Io per quanto ho potuto (sono un semplice operaio metalmeccanico) li ho aiutati. Siamo il primo Paese Europeo per morti sul lavoro, e non è un caso, ve l’assicuro. Se questo accade, il motivo è evidente, in Italia si fa troppo poco per la salute e sicurezza sul lavoro.
Chi dovrebbe fare qualcosa di concreto per fermare le stragi sul lavoro è la politica, in primis il Governo.
Spero di sbagliarmi ma questo non mi sembra stia accadendo in Italia.
Chi lavora in nero è più soggetto agli infortuni sul lavoro, perchè quando si lavora senza diritti si rinuncia in primis alla sicurezza sul lavoro.
E’ notizia di questi giorni che l’Inail si è accorta che gli infortuni sul lavoro sono triplicati per i lavoratori che vengono retribuiti con i voucher (nel 2012 erano 436, nel 2014 erano 1400). Inoltre l’Inail si è accorta che anche le morti sul lavoro per chi veniva retribuito con il voucher erano più che raddoppiate, passando da 2 nel 2013, a 6 nel 2014 a 15 nel 2015. Inoltre, quasi sempre, il pagamento del voucher coincide con il giorno dell’infortunio mentre in precedenza non risulta alcun rapporto tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Ma guarda un pò che coincidenza, mi verrebbe quasi da dire che questi lavoratori infortunati lavoravano tutti in nero.
Come dice il detto: “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”. Mi fa piacere che l’Inail si sia svegliata a scoppio ritardato. Sarà il caso che anche il Governo Renzi risolva questo problema con qualche provvedimento?
Aver esteso il voucher a tutti i lavori e non sono ai piccoli lavoretti occasionali, non la trovo una grande idea.
Tanto che i voucher stanno diventando un vero problema (solo nel 2015 l’incremento nel loro utilizzo è stato del 66%).
Lo chiedo per favore e l’appello è rivolto a tutti, istituzioni, molto politico, sindacati, mezzi d’informazione:

La si smetta di chiamare le morti sul lavoro con i termini “morti bianche” o peggio “tragica fatalità”.
Le morti sul lavoro non sono mai delle tragiche fatalità, e oramai lo vado ripetendo fino allo spasimo, ma sono dovute quasi sempre al fatto che nei luoghi di lavoro non si rispettano neanche le minime norme di sicurezza sul lavoro.
Per favore, parlatene nei programmi di attualità, sulle agenzie di stampa, nelle radio, nei telegiornali, nei talk show.
La cultura della sicurezza sul lavoro si forma anche così, parlandone e sensibilizzando la gente: non è tempo perso, ve l’assicuro.
Io e pochi altri amici lo stiamo facendo da anni, nell’indifferenza generale, rinunciando a molto tempo libero per una causa di civiltà, sensibilizzando sul dramma delle troppe morti sul lavoro e sulla mancanza di sicurezza sul lavoro.
Un Paese civile si riconosce anche da questo.
Non sono qui per convincere nessuno, ma la mia lettera è solo per invitare ad una profonda riflessione su questo dramma, che non fa solo morti, rovina famiglie e rende tanti giovani orfani e soli.

*Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza-Firenze


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