Alcune osservazioni sul discorso di Renzi al termine del referendum (fallito) del 17 aprile 2016

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Ho ascoltato ieri sera il discorso trionfante di Matteo Renzi dopo il fallimento del referendum abrogativo proposto da nove regioni sulla durata delle concessioni per le trivelle entro le 12 miglia marine dalla costa. Ho scelto alcune frasi particolarmente significative su cui soffermarmi brevemente.

“Il passaggio alle energie rinnovabili non si può fare da qui a domattina.”

Il referendum metteva in questione trivelle che producono gas e petrolio pari, rispettivamente, al 7% e all1% dei consumi annuali della nostra nazione. Queste trivelle, nel caso avesse vinto il Sì, avrebbero visto terminare le concessioni entro 10 anni, data alla quale si sarebbero potute chiudere (se non ci fosse stato il rinnovo di tali concessioni). Ciò vuol dire che, nel caso più drastico (nessuna concessione rinnovata al suo scadere) nel giro di 10 anni avremmo perso il 7% del gas e l’1% del petrolio. 10 anni non sono proprio “da qui a domattina”, inoltre le percentuali sono davvero minuscole: il referendum quindi non imponeva un passaggio immediato e radicale a nuove fonti energetiche, ma dava la possibilità, in un decennio, di lavorare per sostituire i fossili con le rinnovabili limitatamente a queste piccole porzioni del nostro fabbisogno energetico. Sarebbe stato solo un piccolo passo, non un salto netto e irresponsabile.

“Ha vinto chi lavora nelle piattaforme. Il presidente del Consiglio deve stare al fianco di chi rischia il posto di lavoro. Levo simbolicamente i calici con queste persone, con gli 11mila lavoratori che avrebbero rischiato di restare senza occupazione”

Questi lavoratori avrebbero perso il posto di lavoro da qui a 10 anni (se gli impianti in cui lavoravano non avessero ottenuto il rinnovo della concessione). Ciò vuol dire che ci sarebbe stato un decennio di tempo per investire in altri settori, come quello delle energie rinnovabili, in cui si sarebbero potuti creare posti di lavoro che sanassero questa perdita.
A mio avviso hanno vinto soprattutto i petrolieri. Il quesito sulla scheda richiedeva l'”abrogazione della previsione che tali titoli (le autorizzazioni a trivellare) hanno la durata di vita utile del giacimento.” Si chiedeva cioè che la concessione del bene pubblico in questione (gli idrocarburi nel sottosuolo italiano) non fosse perpetua ma a scadenza, che cioè ogni 5 anni dovesse essere rinnovata da Stato e Regioni all’azienda privata. La trivellazione si sarebbe potuta fermare o sarebbe potuta andare avanti, a seconda della valutazione dei rappresentanti del popolo italiano e della regione interessata. Ora lo stato e le regioni non hanno più voce in capitolo: quel petrolio e quel gas, fino al loro esaurimento, sono in mano a delle multinazionali (per lo più straniere). E perché pagano royalties così basse su ciò che estraggono? Quei prodotti escono dal nostro sottosuolo, sono nostri (del popolo italiano): perché i titolari delle concessioni pagano solo il 7/10% su ciò che estraggono?

“Ora dobbiamo lavorare insieme e stare tutti dalla stessa parte per fare dell’Italia il Paese più verde d’Europa, il Paese che non spreca l’energia”

Gli impianti interessati dal referendum erano 21, di cui 13 in mano a multinazionali straniere. Che energia avremmo sprecato? Quel gas e quel petrolio sono controllati da privati (più della metà non italiani) che ci pagano pochissimo per estrarli e che poi ce li rivendono. Dove sta il vantaggio della nazione?

“Questo referendum si poteva evitare, 300 milioni di euro potevano essere risparmiati. Ho sofferto la scelta di non andare a votare, ma era il modo migliore per ottenere il risultato.”

Questo non è stato il modo migliore per ottenere il risultato, ma il modo più facile. Più facile, sì, perché contava anche sul fatto che in Italia la disaffezione al voto è alta negli ultimi anni (l’astensione superò il 40% alle europee 2014); inoltre il quesito era molto specifico e “tecnico”, difficilmente poteva suscitare l’interesse di molti, soprattutto nelle regioni non bagnate dal mare. Di quel 67,85% che ieri non si è recato ai seggi, credo che almeno la metà si sia astenuta per generale disinteresse, per mancanza di voglia, perché non sapeva che si votasse o su cosa di preciso. Renzi qualche anno fa si proponeva di risvegliare la passione degli italiani per la politica: oggi ha consigliato agli italiani di astenersi. Avrei preferito che spronasse i suoi elettori ad andare in massa a votare No: sarei stato ben lieto di vedere un affluenza del 70%, anche se i No avessero vinto. In quel caso il Presidente del Consiglio avrebbe trionfato: avrebbe dimostrato la sua capacità di portare al seggio milioni di italiani, avrebbe fatto vedere che davvero è riuscito a far rinascere la passione politica in un popolo che non avrebbe perso una occasione per far sentire democraticamente la sua voce. Quello sarebbe stato il modo migliore per ottenere il suo risultato: portare alle urne milioni di elettori e ottenere una netta vittoria del No. Avrebbe dimostrato tutta la sua forza. Ma forse di tale forza non è così convinto nemmeno lui e ha preferito cavalcare la disaffezione per la politica anziché combatterla.

Quanto ai 300 milioni: non ci si poteva impegnare un po’ di più per modificare la normativa vigente e accorpare questo referendum alle elezioni amministrative di giugno? Sarebbe stato un modo per risparmiare, se quello era l’obiettivo…

“Massimo rispetto per tutti gli italiani andati al voto, comunque essi abbiano votato. Chi vota non perde mai.”

Sono d’accordo: chi vota non perde mai. Sono andato a votare e sono contento, perché questo paese mi sta a cuore, l’Italia è casa mia e sono onorato di poter esprimere la mia opinione su ciò che la riguarda ogni volta che se ne presenta l’occasione. Sento solo una certa tristezza pensando all’astensione di quel 67,85% degli aventi diritto: certo, molti hanno deciso consapevolmente di non andare al seggio per la loro posizione in merito al quesito; non si cancella però il dubbio che tanti si siano astenuti per disinteresse, per scarsa attenzione, per superficialità più che per una consapevole scelta di campo. Ripeto: avrei preferito vedere un’affluenza dell’80% è una vittoria schiacciante dei No. Avrei saputo che per questo nostro Stato i cittadini sono ancora disposti ad alzarsi dal divano la domenica pomeriggio e mettere una croce su un foglietto… niente più di questo, ma mi avrebbe dato molta fiducia.

Spero che si capisca che non sono mosso da nessuna animosità nei confronti del Presidente del Consiglio, che non sono interessato dalle lotte interne al suo partito (del quale non sono mai stato né iscritto né elettore) o alla sua maggioranza. Diedi la mia preferenza a Renzi alle primarie in cui fu eletto segretario e spesso in seguito ho condiviso le sue posizioni; ho scritto però queste righe perché non riesco a capire tali scelte in merito alla politica energetica e perché mi sconforta molto la scarsa partecipazione. Spero possano servire per tenere vivo un sereno dibattito democratico su temi di enorme importanza per tutti noi.

 

Fonti:

http://www.corriere.it/politica/16_aprile_17/renzi-referendum-trivelle-quorum-fallito-5ae12340-04e2-11e6-9af5-d262a7a5f049.shtml

http://www.repubblica.it/politica/2016/04/17/news/referendum_trivelle_affluenza_quorum_risultati-137854574/?ref=HREA-1


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